“Nella carezza di Maria dobbiamo scoprire quella carezza che gli altri attendono”

“Nella carezza di Maria dobbiamo scoprire quella carezza che gli altri attendono e che noi come Maria dobbiamo dare per far sentire la passione, il calore e la forza dell’amore di Dio nella tenerezza di una mano che lenisce il dolore, che asciuga le lacrime e che da sostegno, consolazione, speranza a tutta l’umanità”. Questo, uno dei passaggi dell’omelia del vescovo, monsignor Serafino Parisi, nel corso della messa concelebrata la sera della vigilia della festa della Madonna di Dipodi.

Ad inizio della sua riflessione, il Pastore della Chiesa lametina ha fatto riferimento all’arca ed alla tenda, “due grandi simboli che rimangono costanti all’interno della tradizione biblica e della storia della salvezza e che sono significativi anche per noi che stasera stiamo vivendo l’anticipazione della solennità dell’assunzione di Maria: l’arca che Davide introduce all’interno della tenda” che, in un certo senso, “rappresentava un Santuario mobile”, “un Dio che è vicino, presente”. La tenda, però, anche come “Chiesa che segue le vicende della comunità; una Chiesa prossima, vicina, accogliente”.

“Quando il credente di Israele entrava in quella tenda – ha aggiunto il Vescovo – sapeva di poter incontrare il Signore. E dentro questa tenda, che già di suo dice un grande messaggio per noi, c’è l’Arca che era la custodia e che, oggi, potremmo immaginarla come il Tabernacolo all’interno del quale noi adoriamo il Signore Dio vivo e vero, presente, con un cuore di carne che pulsa per tutta l’umanità”. Da qui l’interrogativo: “Quelli che entrano nella nostra comunità, nella Chiesa che siamo noi, si accorgono che c’è Dio? Siamo tutti battezzati ed in forza di questo battesimo noi costituiamo la comunità dei figli di Dio: siamo la Chiesa”. Ecco perché, “quando noi parliamo della Chiesa, non dobbiamo immaginarla come un qualcosa lontano da noi, irraggiungibile, da cui prendere le distanze, quella realtà che non mi interessa, che voglio soltanto criticare. No, la Chiesa siamo noi. Noi siamo la comunità, per cui il compito piuttosto è nostro: fare in modo che coloro che entrano nella comunità dei credenti possano fare realmente esperienza di Dio, possano davvero entrare in contatto con quel cuore innamorato, appassionato di Dio per l’umanità”. Infatti, “la fede si realizza con la nostra scelta che include gli altri dentro questa grande parola dell’amore di Dio che salva tutti e con il principio dell’amore si reca verso gli altri, li accoglie. E gli altri, venendo in contatto con noi, trovano l’arca, il cuore pulsante di Dio, si trovano nella tenda, la casa dove davvero si può essere accarezzati dal Signore perché questo il Signore vuole fare con noi, dall’inizio: accarezzarci come lo può fare una madre”.

“Allora – ha affermato monsignor Parisi – dobbiamo farci la domanda se realmente riusciamo ad essere tenda del convegno, tenda dell’incontro o, piuttosto, a volte diventiamo come quelle barriere che impediscono agli altri di fare l’ingresso dentro il cuore stesso di Dio? Maria, la Madre del Signore, nella tradizione litanica viene chiamata l’Arca dell’alleanza che, come cuore pulsante di carne, come creatura umana, ha dato ospitalità a quel Dio grande, che nemmeno i cieli potevano contenere – dicono i salmi e le sante scritture – e tutto l’universo era incapace di comprendere, e che entra nell’esistenza, nella vita, nel corpo di una giovane donne, di una creatura come noi che offre al Signore l’opportunità, l’occasione, la realizzazione della sua promessa di salvezza, offre al Signore quella carne dell’umanità che si mette al servizio dell’amore di Dio perché ogni uomo possa incontrare nel figlio di Maria Dio stesso in persona”.

“La vittoria che ci dà il Signore – ha aggiunto il Vescovo – è la vittoria sulla morte, anche se rimane dentro la nostra esistenza e nella nostra vita. Ed ogni forma di morte fa danno: la malattia; i drammi che non riusciamo a spiegarci; la sofferenza è sempre sofferenza ma quando vediamo quella degli innocenti, di un bambino, allora è come se ci fosse una contraddizione: è il segno della morte che genera grandi turbamenti dentro la vita di ognuno di noi. Quanta morte c’è nelle fratture tra di noi, nelle divisioni, nelle liti, nella mancanza di pace, nelle ingiustizie subite! Pensate per esempio a tutto il dramma della mancanza di lavoro che vuol dire sostentamento onesto della famiglia, realizzazione del proprio progetto di vita. Ognuno di noi, nel proprio cuore, custodisce, purtroppo, una ferita che lo fa soffrire, un dolore che lo attraversa, che lo accompagna”.

“Ma, dentro queste situazioni di morte – ha concluso monsignor Parisi – , Maria, proprio perché è già in Dio e dentro l’amore di Dio, stabilita definitivamente, ci dice che il Signore non ci abbandona: è quella tenda che ci accompagna nel deserto, nei nostri spostamenti ed è quell’arca che custodisce la sua passione, il suo amore. Nell’assunzione di Maria noi vediamo la meta verso la quale il Signore ci conduce. Un giorno, saremo ricollocati nell’amore dell’origine, in quell’amore primordiale che ha fatto muovere Dio in modo tenero e benedicente verso di noi. La nostra speranza è Gesù Cristo e Maria è segno di consolazione e di sicura speranza”.

Saveria Maria Gigliotti

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