“Fare memoria di una serie di eventi a diversi livelli, universale, europeo, italiano e locale”. L’occasione è data dall’Assemblea nazionale dei referenti diocesani del Cammino sinodale, in corso oggi e domani a Roma. Un percorso declinato nelle diverse realtà ecclesiali italiane che ha visto la partecipazione di oltre 250 referenti con 147 diocesi rappresentate. Un momento atto non “creare delle esperienze che poi vengono archiviate”, come ha detto il presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, mons. Erio Castellucci, ma con “lo scopo di creare uno stile e strutture nuove di Chiesa, delle prassi che possano creare ponti con i nuovi mondi”.
Assumere un pensiero superiore. “La sapienza è la bussola nei percorsi della vita: ‘Ella infatti tutto conosce e tutto comprende: mi guiderà con prudenza nelle mie azioni. Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza’ (Sap 9,11.18). Non è una teoria, ma una prassi: ha a che vedere con le decisioni da prendere”. A dirlo è stato don Dionisio Candido, responsabile del Settore dell’apostolato biblico dell’Ufficio catechistico nazionale. Nella sua introduzione spirituale sulla fase sapienziale don Candido ha sottolineato che “la sapienza salva, perché illustra la volontà di Dio sulle cose e consente a ciascuno di essere se stesso, libero dai condizionamenti esterni ed interiori e quindi lo rende capace di decidersi e di decidere per il bene”. Allo stesso tempo la sapienza “serve a raddrizzare i sentieri della vita, che talora sono tortuosi o rendiamo tortuosi” e pertanto va “chiesta in dono” perché “per apprendere la sapienza biblica bisogna avere l’umiltà di assumere un pensiero superiore, quello di Dio. Nessuno può generarla da sé: c’è sempre bisogno di un altro”.
Richiamando poi la cosiddetta “preghiera di Salomone”, don Candido ha rimarcato come “la sapienza si ottiene soltanto chiedendola a colui che solo può condividerla: a Dio”. “Se vuoi essere sapiente prega per ottenerla”.
Tutti siamo popolo di Dio. “Adottare un’ottica di ascolto, non più solo dell’altro, ma di ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Dobbiamo porci in un atteggiamento di ascolto profondo, non funzionale a una risposta immediata, ma che si lascia raggiungere ed eventualmente provocare e ferire dalla domanda. Lo Spirito ci parla così”. A suggerirlo è stato mons. Erio Castellucci che nel suo intevento ha affermato: “La sapienza della Chiesa e della Scrittura ci consigliano momenti di lettura e ascolto profondo, vincendo la tentazione di arrivare subito a una risposta immediata, questo quando raggiunge più persone diventa discernimento comunitario. Come Chiesa e come comunità dobbiamo svolgere un servizio di tramite tra il Vangelo e il mondo, come suggerisce il Concilio Vaticano II. Dobbiamo indossare uno zaino che ci consenta di camminare con i fratelli e le sorelle”.
Per il presule “tutti siamo popolo di Dio e unti dallo Spirito, e il compito della Chiesa è quello di mantenere l’aggancio con la dottrina degli apostoli e con l’autenticità del Vangelo”. Ascoltiamo quindi “lo Spirito che ci parla” ha ribadito mons. Castellucci richiamando un punto dell’enciclica Redemptoris Missio di Giovanni Paolo II in cui il Pontefice scrisse: “Lo Spirito si manifesta in maniera particolare nella Chiesa e nei suoi membri; tuttavia, la sua presenza e azione sono universali, senza limiti né di spazio né di tempo”.
“Il Cammino sinodale ha raggiunto tutte le parti della Chiesa universale”. Lo ha detto mons. Antonio Mura, vescovo di Nuoro e di Lanusei, di ritorno da Praga dove ha guidato la delegazione italiana all’Assemblea continentale del Cammino sinodale, dove si è dato “grande spazio all’ascolto delle persone presenti e delle esperienze che portavano dai loro territori (dalla Russia, all’Ucraina, passando dalla Turchia e da Malta, arrivando al Portogallo fino all’Irlanda, ai Paesi nordici e alla Germania). Un ascolto vissuto come conversazione spirituale, metodo che conosciamo e che ha contraddistinto anche il nostro cammino”. “Il metodo scelto e quindi proposto, credo abbia dato spazio allo Spirito santo di essere protagonista, e questo conferma che la metodologia non è solo tecnica ma può favorire una autentica esperienza di Chiesa. Da questo scenario – ha precisato mons. Mura – è emersa prepotentemente la bellezza e la complessità dell’Europa in questo momento. La bellezza rappresentata dalla diversità delle storie, delle culture, dei riti e delle tradizioni, non solo quindi della lingua. La complessità emerge dalla velocità diversa con la quale camminano i Paesi e i territori, anche nella vita di fede; questo comporta valutazioni e orizzonti spesso non assimilabili, ma comunque sempre reali e da rispettare senza pregiudiziali”.
In tal senso, mons. Mura ha sottolineato “l’importanza di dare sempre più spazio nelle comunità alla Parola, all’Eucaristia e al silenzio” e “la necessità di una Chiesa che in ogni parte d’Europa sia accogliente ed includente verso tutti”. All’evento è intervenuto Gioele Anni, membro del Comitato nazionale del Cammino sinodale che ha presentato il lavoro svolto nei due anni dai Cantieri di Betania del Cammino sinodale. “Cantieri che non hanno data di scadenza e sono sempre aperti in un’ottica di circolarità e non linearità. I Cantieri difatti sono già esperienza di Chiesa sinodale per mettere in pratica quello stile nuovo in cui l’esperienza del territorio innervano le realtà nazionali e globali”.