Inizia la Gmg, il patriarca di Lisbona: «Ogni saluto apre un mondo nuovo»

Gmg di Lisbona

«Ogni nostro incontro deve aprirsi con un autentico saluto, in cui ci scambiamo parole di sincera accoglienza e di piena condivisione». Coglie uno degli aspetti più interessanti di ogni Giornata della Gioventù il patriarca di Lisbona cardinale Manuel Clemente: giovani che arrivano da tutti gli angoli del mondo (il Comitato organizzatore dice che sono rappresentati tutti i Paesi «tranne le Maldive») che non si conoscono ma si salutano come vecchi amici che si ritrovano. Ecco: in quel loro salutarsi c’è tutto un mondo nuovo. «Impariamo con Maria a salutare tutti e ciascuno» dice commentando il Vangelo della Visitazione nell’omelia della Messa che apre ufficialmente la Gmg al Parque Eduardo VII, davanti a una distesa veramente impressionante di giovani, ben al di là di quel che si poteva prevedere osservando la gente in giro per la città. «C’è tanto bisogno di questo anche nel mondo in cui viviamo, quando non ci rendiamo conto degli altri, né prestiamo la dovuta attenzione alle persone che incontriamo» aggiunge il cardinale. «Questo – dice – mettiamolo assiduamente in pratica nel corso di questa Giornata mondiale della gioventù. Il mondo nuovo inizia con la novità di ogni incontro e la sincerità del saluto che ci scambiamo. Per essere persone tra le persone, in visita costante e reciproca».

Ha gli occhi che luccicano quando li alza dal foglio del testo: osservare tuti quei ragazzi dal palco dell’altare dev’essere un’emozione profonda per il pastore che ha voluto la Gmg a Lisbona e che, con una schiera di organizzatori, ha superato le difficoltà della pandemia per arrivare sin qui. Naturale che si possa anche commuovere quando dice, in portoghese, che «partendo da lontano o da vicino, vi siete messi in cammino. È molto importante mettersi in cammino. Ed è così che dobbiamo affrontare la vita stessa: come un cammino da percorrere, facendo di ogni giorno una nuova tappa».

È vero, annota con realismo: «Oggi molte cose possono trattenervi come la possibilità di sostituire la realtà autentica – che può essere raggiunta solo andando incontro agli altri così come sono realmente – con l’apparenza virtuale di un mondo a nostra scelta. Un mondo che scegliamo davanti a uno schermo e che un solo click può rimpiazzare con un altro. La virtualità ci tiene seduti davanti a mezzi di comunicazione che facilmente ci usano quando pensiamo di usarli. La realtà concreta, invece, ci spinge a metterci in cammino per incontrare gli altri e il mondo così come esso è, sia per contemplarlo che per migliorarlo. I media ci offrono l’opportunità di conoscere meglio noi stessi, gli altri e il mondo. Viviamo una vita mediatica e non sapremmo più vivere diversamente. Ma se, da un lato, possiamo contare sul supporto dei media, dall’altro non smettiamo di camminare con le nostre gambe, di entrare in contatto e di verificare direttamente la realtà che ci riguarda, che riguarda ognuno di noi e tutti noi».

Vedersi, salutarsi, abbracciarsi di nuovo tra giovani di tutto il pianeta (un pianeta dilaniato da guerre, ferito da crisi e violenze, minacciato da dissidi e risentimenti reciproci) è la conferma che «è valsa la pena di intraprendere questo viaggio che vi ha fatti arrivare qui per incontrarvi, in questi giorni, nella diversità e nelle qualità personali che ognuno e ognuna di voi porta con sé, da ogni terra, lingua e cultura. Non c’è niente come questo cammino personale e di gruppo, all’incontro del cammino di tutti». In questo percorso, di cui Lisbona è come un’alba di luce, a indicare la strada è Maria, che vistando Elisabetta «già portava in grembo il “frutto benedetto” che era Gesù. Anche i cristiani lo portano, spiritualmente ma anche realmente, perché lo ricevono nella parola, nei sacramenti e nella carità dove Lui si offre. E poiché crediamo in Gesù come la via che conduce a Dio, camminiamo con Lui per portarlo agli altri. Nello stesso slancio che ha sostenuto Maria, nello stesso Spirito che sostiene anche noi. Mettiamoci in cammino».

Francesco Ognibene, Avvenire

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