Purificare e tutelare la vera pietà dalle contaminazioni che non hanno niente a che fare con Cristo e con la Chiesa. «Ci vuole resistenza e amore, quello che ci ricordano i tanti martiri che hanno dato la vita per liberare chi era prigioniero della logica mafiosa». Questo è il cuore del messaggio inviato dal presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Zuppi, in occasione della festa della Madonna della Montagna, tenutasi ieri presso il santuario di Polsi, frazione di San Luca.
Il messaggio del cardinale Zuppi è stato letto dal vescovo di Locri, monsignor Francesco Oliva, abate del santuario della Madonna di Polsi, in occasione della celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria e presidente dei vescovi calabresi, monsignor Fortunato Morrone.
«Mi dispiace tanto non essere con voi. Ho cercato in tutti i modi ma non è stato possibile. Cercherò di farlo in un futuro che desidero prossimo», ha esordito il presidente Cei.
Il Santuario della Madonna di Polsi, chiarisce il cardinale Zuppi, «è stato profanato nel recente passato. La casa della madre di Dio, madre di tutti, casa di misericordia, di consolazione, di fraternità, negli ultimi decenni è diventata luogo per interessi privati che dobbiamo chiamare con il loro nome: mafiosi».
Successivamente Zuppi ricorda che Papa Francesco, in occasione della sua visita del 21 giugno 2014 a Cassano all’Ionio, ha avuto parole inequivocabili di condanna verso i mafiosi e la ‘ndrangheta in particolare, dichiarandone la scomunica. «Chi fa della casa di Dio luogo di interessi di alcuni offende Maria, la Chiesa tutta, la comunità umana e, in realtà, anche la loro stessa dignità umana», afferma il presidente Cei, che prosegue: «sostengo il vostro sforzo di purificare la vera pietà da queste contaminazioni che non hanno niente a che fare con Cristo e con la Chiesa. Da Polsi nasca, invece, una consapevolezza nuova di cui ne ha bisogno tutto il nostro paese perché le mafie hanno tanta penetrazione al Nord e tante ramificazioni internazionali».
Il porporato, poi, rivolge un saluto a don Tonino Saraco, rettore del Santuario, e a tutti i suoi collaboratori «che con tenacia hanno cercato di riportare il santuario ad essere davvero Casa di Dio. La Madonna ci riempie di speranza e ci dona parole nuove, per vincere il silenzio e l’indifferenza, che aiutano la logica mafiosa. Gli umili saranno innalzati e i superbi saranno abbassati dai loro troni di affari vigliacchi e disumani». I cristiani, chiarisce il presidente Cei, «lottano contro ogni forma di ‘ndrangheta e di malavita organizzata promuovendo la cultura della casa comune, dell’osservanza della legge a tutti i livelli, della promozione sociale e culturale. Continuate in questo sforzo, perché chi lavora onestamente, chi non cerca il proprio profitto rubandolo agli altri o imponendolo con la forza, senta la vicinanza di Maria e della Chiesa e Polsi torni un luogo di vita vera».
Poi il cardinale fa riferimento al discorso di Wojtyla alla Valle dei Templi: «Quel grido che trenta anni fa San Giovanni Paolo rivolse ai mafiosi ad Agrigento in realtà è diretto sempre anche a ognuno di noi: “Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!». Liberiamoci tutti da un’idea di forza, di potere, di violenza, di interesse individuale. Abbiamo speranza che la Calabria rinasca e continui a dare frutti di giustizia e di pace con le sue radici più vere, quella del rispetto di Dio e del prossimo».
Come riuscire in questa rinascita? Per Zuppi i riferimenti sono chiari: «Ci vuole resistenza e amore, quello che ci ricordano i tanti martiri che hanno dato la vita per liberare chi era prigioniero della logica mafiosa, ad iniziare da Padre Pino Puglisi del quale ricorderemo tra poco trenta anni del suo assassinio e a rendere la nostra casa comune casa per persone libere, giuste, vere. Uomini veri».
Nel corso della sua omelia, anche l’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria – Bova e presidente della Conferenza episcopale calabra, monsignor Fortunato Morrone, ha rivolto un appello ai calabresi: «Da Polsi che pulsa di vita, deve partire il desiderio grande di dare un volto nuovo ai nostri volti». Il presule ha indicato ai tanti pellegrini presenti – e soprattutto ai giovani – «il coraggio che ha avuto Maria, una ragazzina che oltre duemila anni fa, in una società maschilista molto più di quanto possa essere la società di oggi, di mettersi in viaggio con fede e fiducia, dando compimento al “Sì” pronunciato all’annuncio dell’angelo». «Maria rompe gli schemi dei padri» ha detto l’arcivescovo Morrone, aggiungendo: «Liberiamoci anche noi dalle schiavitù del nostro tempo, perché siamo figli, non schiavi».
Davide Imeneo