Violenza sulle donne, il Papa: velenosa gramigna da estirpare educando alla dignità

Francesco sottolinea in un post su X la gravità del fenomeno nella Giornata internazionale dedicata al tema. Nel mondo ogni anno vengono uccise circa 45 mila donne, 5 ogni ora. In Italia, nel 2023, sono state uccise 106 donne, una ogni tre giorni.

“La violenza sulle donne è una velenosa gramigna che affligge la nostra società e che va eliminata dalle radici”. Così Papa Francesco ha voluto ricordare con un post su X dal suo account @Pontifex la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che ricorre oggi. “Queste radici – scrive il Pontefice – crescono nel terreno del pregiudizio e dell’ingiustizia; vanno contrastate con un’azione educativa che ponga al centro la persona con la sua dignità”.

Cortei e manifestazioni in tutta Italia
Secondo dati di UN Women, nel mondo una donna su 3 ha subito violenza sessuale o fisica almeno una volta nella vita e l’86% vive in Paesi in cui non c’è protezione legale contro la violenza. Secondo i dati Istat, in Italia sono quasi 7 milioni le donne tra 16 e 70 anni che hanno subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nella loro vita e, nel 2022, sono state più di 20 mila quelle che si sono rivolte a un centro antiviolenza e oltre 30 mila le chiamate all’1522, il numero antiviolenza e stalking. I governi però investono ancora troppo poco in prevenzione. La denuncia arriva dalle Nazioni Unite che, in occasione della Giornata idi oggi hanno lanciato la campagna “Unite!”, sedici giorni di iniziative per chiedere più risorse. Oggi in tutta Italia ci saranno manifestazioni per dire basta alla violenza sulle donne. A Roma il corteo nazionale partirà alle 14.30 da Circo massimo e si concluderà a piazza San Giovanni.

I messaggi di Farrell e Zuppi
In occasione di questa Giornata il prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, il cardinale Kevin Farrell, ha voluto sottolineare l’importanza del ruolo della Chiesa nel contrasto e nella prevenzione del fenomeno: “La Chiesa – ha detto – ha il compito di essere vicina alle donne vittime di violenza e sfruttamento e tale vicinanza si può concretizzare in tanti modi: dall’offerta di alloggi sicuri per le vittime di violenza, al supporto psicologico e spirituale per aiutare le vittime stesse a superare il trauma e a denunciare gli abusi”. Vicinanza anche dal cardinale Matteo Zuppi presidente della Conferenza episcopale italiana che attraverso i canali social in un messaggio ha sottolineato che amore e violenza non vanno d’accordo, l’amore è dono e mai possesso dell’altro. “Indignarsi non basta – ha scritto – bisogna reagire alle tragedie come quella di Giulia Cecchettin, uccisa nei giorni scorsi dall’ex fidanzato, e di tante altre donne la cui vita è stata spenta in modo brutale. Non possiamo restare indifferenti e soprattutto non possiamo abituarci. È in gioco il futuro, ma anche il presente, della nostra società, il nostro vivere in una trama di relazioni”.

Portare aiuto nella vita di chi subisce violenza
Ma tante sono anche le associazioni che cercano di supportare le donne vittime di violenza. Situazioni delicate dove spesso c’è anche la vergogna a denunciare quella violazione che si subisce, per mano di un uomo, mariti, fidanzati, compagni, nel caso più doloroso anche figli. Come l’Associazione di ispirazione cristiana “TraLeDonne”, che dal 2020 opera attivamente su Roma ma non solo, per aiutare tutte coloro che si sentono in pericolo, e che chiedono aiuto e di ritrovare quella dignità che molte volte la violenza fisica e psicologica subita da parte degli uomini ha completamente a distrutto. “Un giorno nel 2019 – racconta la fondatrice e presidente Elisabetta Giordano – mentre pregavamo con alcune amiche mi è risuonata dentro in modo nuovo la frase dell’Ave Maria: tu sei benedetta tra le donne. È stata una scoperta assoluta: Maria è stata posta dall’amore di Dio in modo speciale in mezzo a noi donne, Quel giorno ho avvertito lo sguardo di stima e di fiducia con cui Dio considera le donne: nelle loro mani, nelle nostre mani, è stata posta la vittoria sul male in tutte le sue forme. Sono caduti tutti i pregiudizi e ho capito che quello era il nome dell’associazione che piano piano stava nascendo per la difesa della donna: “Tra le donne”.

Dal dolore la speranza di rinascere
“Questa associazione nasce dalla mia storia personale – spiega Elisabetta – da ciò che avevo vissuto io nel mio matrimonio, ma anche dalle storie di tante donne che conoscevo e di cui avevo condiviso il dolore. Queste esperienze mi hanno aperto gli occhi su un mondo che io non conoscevo, infatti i miei genitori si sono voluti bene e rispettati fino alla fine, quindi non sapevo cosa volesse dire subire la violenza verbale o psicologica. Tra le donne è un’associazione laica, ma proprio per come è nata è di ispirazione cristiana, perché io credo che ci sia davvero un legame particolare tra noi donne e la Madonna, lei è la benedetta tra noi, prescelta da Dio”. E questa associazione si fonda in particolare su due attività: da una parte un’attività di formazione con corsi aperti a tutti e con esperti di vari ambiti, dal sociale al sanitario all’ambito giuridico a quello ecclesiale, che vogliono proprio formare a combattere questo fenomeno attraverso uno sguardo nuovo sulle donne e un’autentica collaborazione in fraternità tra donne e uomini. E poi presso la parrocchia di San Frumenzio ai Prati Fiscali, dal 2021 è nato lo spazio d’ascolto “TraLeDonne”, in cui diverse volontarie opportunatamente formate accolgono e ascoltano tutte quelle donne che hanno subito qualsiasi tipo di violenza, fisica, verbale o psicologica per metterle subito in contatto con i Cav, i Centri antiviolenza di Roma Capitale. “Collaboriamo anche con il Telefono Rosa – specifica Elisabetta – che gestisce il numero antiviolenza 1522, attraverso un protocollo d’intesa”.

La storia di Alessandra
Tra le volontarie che collaborano all’ascolto di tutte coloro che chiedono aiuto c’è anche chi ha purtroppo alle spalle storie di violenza in famiglia. Come Alessandra, una signora di origine veneta, con uno sguardo gentile e un sorriso accogliente. “Sono originaria del veneto – racconta cercando di trattenere l’emozione – la mia famiglia era di condizione agiata almeno nei primi anni della mia vita” Poi qualcosa cambia all’improvviso e in peggio. “Mio padre – continua con la voce che diventa sempre più dolorosa – fu capace di dilapidare tutto: il suo patrimonio e quello di mia madre, fino a ridurci in povertà e a costringere mia madre a chiedere l’elemosina per sopravvivere. Ho dei ricordi tremendi di quegli anni. Lui la massacrava di botte, tanto che alla fine l’ha ridotta su una sedia a rotelle, per noi figli aveva già previsto di chiuderci in un orfanotrofio”. Ma nonostante il dolore immenso e i giorni da dimenticare, Alessandra e i suoi fratelli hanno ricevuto dalla madre una grande lezione di vita: “Lei ci ha lasciato l’eredità più preziosa – spiega – il rispetto e la dignità per noi stessi. Nonostante le botte, la povertà, lei quando doveva recarsi a chiedere l’elemosina si lavava, si cercava di aggiustare e vestire con quel poco che le era rimasto e spesso zoppicando usciva a chiedere aiuto per noi. Io questo non l’ho mai dimenticato e ho cercato poi una volta divenuta adulta e aver cambiato vita, di passarlo anche alla mia famiglia. Le botte ci possono massacrare il corpo, ma la dignità non ce la deve togliere nessuno, neanche il più violento degli uomini”.

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