Amplissimo spazio al grande e attualissimo tema della pace è quello dedicato dal cardinale presidente della Conferenza Episcopale italiana, Matteo Zuppi, nel suo discorso di inaugurazione per la sessione primaverile del Consiglio permanente che si terrà a Roma, da oggi 18 fino al 20 marzo.
Dobbiamo aspettare l’irreparabile per scegliere?
“Dobbiamo aspettare l’irreparabile per capire e scegliere?”. È la domanda cruciale e inquieta che si pone e pone ai vescovi italiani il cardinale Zuppi, constatando anche “le conseguenze di ‘non scelte’, di rimandi colpevoli, di occasioni perdute. È la fraternità stessa a essere messa in dubbio – insiste – la possibilità di convivere senza dover competere o addirittura eliminare l’altro per poter vivere”. Di fronte a un tempo di conflitti, di divisioni, di sentimenti nazionalisti, di odi, di contrapposizioni, il servizio della Chiesa per l’unità brilla come una luce di speranza, osserva il presidente della CEI. L’esortazione è a impegnarsi ciascuno, a livello personale e di comunità, per “essere artigiani di pace, tessitori di unione in ogni contesto, pacifici nelle parole e nei comportamenti ammoniti anche a dire pazzo al prossimo, per imparare ad amare il nemico e renderlo di nuovo quello che è: fratello”. Che la violazione dei diritti elementari delle persone non si perda “nell’indifferenza o nell’abitudine”.
Le parole di Francesco sulla pace, tutt’altro che ingenuità
Cita l’Ucraina, il cardinale e, mentre annuncia che durante la prossima Assemblea generale sarà vissuta una giornata di preghiera, digiuno e solidarietà, auspica che, per esempio, si organizzi una diffusa accoglienza per le vacanze estive ai bambini orfani o vittime di quella catastrofe che è la guerra. Poi constata amaramente che “viviamo un lunghissimo Venerdì Santo” e ci tiene a rimarcare che “le parole del Santo Padre sulla pace sono tutt’altro che ingenuità. È sofferta e drammatica condivisione di un dolore che non potremo mai misurare”. Si sofferma sull’empatia e la pietà che, dice, “prevalgono su tutto, su ogni valutazione pur indispensabile relativa ad aggressori e aggrediti, a ragioni e torti. La vita viene prima di tutto. La Chiesa è madre e vive la guerra come una madre per la quale il valore della vita è superiore a ragionamenti o schieramenti lontani da questo”.
Voto Ue: trionfi il senso di responsabilità sovranazionale
Il cardinale Zuppi guarda al voto europeo di giugno prossimo. Invita a condividere l’appello dei vescovi europei augurandosi che si i deputati si scelgano responsabilmente e che si faccia trionfare il diritto e il senso di responsabilità sovranazionale. “La storia esige di trovare un quadro nuovo, un paradigma differente, coinvolgendo la comunità internazionale per trovare insieme alle parti in causa una pace giusta e sicura. Proprio su questo versante gli Stati e i popoli europei, le stesse istituzioni dell’Unione europea, devono riscoprire la loro vocazione originaria, improntando le relazioni internazionali alla cooperazione attraverso – qui cita Schuman nella Dichiarazione del 9 maggio 1950 – realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.
Cammino sinodale, tra resistenze e voglia di coinvolgimento
Ricordando la vicenda biblica di Giuseppe e i suoi fratelli – non priva di ingenuità e astuzie, sogni e delusioni, innocenza e violenza – il presidente della CEI esorta inoltre a uscire da un diffuso individualismo. “C’è bisogno del noi, della comunità, di luoghi di relazione vera tra le persone, di quell’alleanza che diventa amicizia”, rimarca. Poi la prolusione pone l’accento sul cammino sinodale alla luce della lettura dei materiali ricevuti dalle diocesi italiane che, osserva Zuppi, ha rilevato entusiasmo, energia, pazienza, disponibilità, ascolto, ma anche le difficoltà, le disillusioni, la tentazione di accontentarsi di definire, le paure, l’indifferenza, le resistenze ad avviare tale processo. “Se da un lato – spiega – si percepisce una crisi della partecipazione alla vita della comunità, dall’altro si desidera un luogo familiare dove potersi coinvolgere. Nella prima fase del Cammino abbiamo imparato che, quando si mettono in ascolto, i cristiani diventano ospitali”.
La sinodalità è fraternità
Nelle parole del presidente Zuppi c’è l’anelito a una Chiesa che si apre al dialogo anziché una Chiesa che si chiude sentendosi assediata. “Si percepisce una debolezza che sembra investire questioni come il posto dei poveri all’interno della Chiesa e la valorizzazione del loro apporto, il dialogo con la cultura, i rapporti ecumenici e interreligiosi, l’interlocuzione con i mondi dell’economia, delle professioni, della politica, ma anche l’apporto della vita consacrata”, riferisce. E poi precisa cosa dovrebbe essere sinodalità: deve significare modi e forme concrete di vita comune, semplici, vere, esigenti e umanissime, personali e comunitarie, perché la Chiesa sia comunità, servizio, relazione, amore per la Parola e per i poveri, luogo di pace e di incontro. “La sinodalità – precisa – deve essere accompagnata dalla freschezza della fraternità, vissuta più che interpretata, offerta più che teorizzata, nella vita e non in laboratorio, capace di rivisitare e animare i nostri ambienti. Fraternità non virtuale, simbolica ma reale”.
Ricomporre fiducia nella Chiesa, in comunione col Papa
Relativamente alla questione che da più parti sembrerebbe emergere su una diminuita rilevanza e consistenza della Chiesa, il cardinale ammette che “il dibattito non ci fa paura”. L’importante è che venga fatto nel dialogo, tra tanti cristiani, in maniera popolare come è avvenuto “e non nelle polemiche digitali, sterili, polarizzate, di convenienza”. Invita a non guardare nostalgicamente indietro a una presunta età dell’oro: quella prima del Concilio per taluni, dopo il Vaticano II per altri. “Bisogna ricomporre un clima di fiducia e di speranza nella nostra Chiesa, liberarsi da amarezze e renderle impegno, progetto, esperienza”, esorta in conclusione, non dimenticando che è necessario farlo “in comunione piena con il primato di Pietro, da difendere e amare sempre”.
Anziani e giovani, una emergenza
Zuppi esprime preoccupazione per la tenuta del sistema del Paese, in particolare di quelle aree che ormai da tempo fanno i conti con la crisi economica e sociale, con spopolamento e carenza di servizi. Come guida dei vescovi italiani, garantisce massima e costante vigilanza su questo ambito. “Non venga meno un quadro istituzionale che possa favorire uno sviluppo unitario – è l’appello – secondo i principi di solidarietà, sussidiarietà e coesione sociale”. La sua vicinanza alla condizione di anziani, definita una vera “emergenza”, e giovani è totale. Proprio sui giovani saranno dedicate abbondanti riflessioni nei lavori di questi giorni, sulla base dei dati della ricerca condotta sull’universo giovanile dall’Istituto Toniolo. Per la terza età, “è necessario continuare a lavorare – società civile, enti ecclesiali e Istituzioni – per concretizzare la riforma delineata con la Legge Delega del marzo 2023 e a non tradire le attese di persone, famiglie e operatori”.
Fine vita: più cure palliative senza discriminazioni
Nel ribadire che ogni sofferente deve sempre essere accompagnato da cure, il porporato auspica che le cure palliative, “disciplinate da una buona legge ma ancora disattesa, devono essere incrementate e rese nella disponibilità di tutti senza alcuna discrezionalità di approccio su base regionale”, perché rappresentano un modo concreto per assicurare dignità fino alla fine oltre che un’espressione alta di amore per il prossimo. “La piena applicazione della legge sulle disposizioni anticipate di trattamento, inoltre, è ulteriore garanzia di dignità – conclude – e di alleanza per proteggere la persona nella sua sofferenza e fragilità”.