L’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova e presidente della Cec, monsignor Fortunato Morrone, è stato ospite oggi della trasmissione di Radio Vaticana: “La finestra del Papa” (vai a questo link per riascoltare il podcast della puntata). Diversi i temi affrontati, nel corso dell’appuntamento dedicato – in particolare – al messaggio di papa Francesco per la Giornata di preghiera per il Creato che si celebra il primo settembre.
Fra le “finestre aperte”, nel corso della trasmissione, quella col vescovo Morrone è stata dedicata all’ultimo naufragio avvenuto al largo delle coste di Roccella Jonica e costato la vita a oltre settanta persone, molte delle quali bambini. Un bilancio pesante che accomuna questo dramma all’altrettanto tragico naufragio di Cutro, avvenuto poco più di un anno fa, sulle coste calabresi.
I vescovi calabresi, nel loro comunicato finale della sessione estiva della Cec, hanno definito il naufragio di Roccella «anonimo e invisibile». Parole dure che monsignor Morrone – nel corso della finestra di Radio Vaticana – ha declinato chiarendone il senso. È un naufragio anonimo, ha spiegato il presule, «perché come questo si ripetono con troppa frequenza, creando indifferenza anche a livello europeo e politico. Invisibile, perché non ci tocca mai direttamente, ma il mare restituisce una visibilità atroce. Il mio pensiero va alle vittime, ma soprattutto ai familiari di questi bambini, di queste donne, di questi uomini, che sono in un momento di grande sofferenza».
Il presidente della Cec, nel suo intervento, ha voluto poi ringraziare «tutti gli operatori, soprattutto della Caritas di Reggio Calabria e, in modo particolare, di Roccella Jonica, che stanno accogliendo con tanta generosità. Roccella Jonica sta vivendo un anno particolare, con molti sbarchi, così come Crotone. La Calabria ionica è molto interessata, quindi un grazie a chi si sta prodigando di fronte a questo “naufragio di umanità” di cui, in certo qual modo, siamo tutti responsabili».
La Chiesa, ha ricordato l’arcivescovo Morrone, «sta mettendo in campo la bellezza di un’umanità che è accoglienza e disponibilità, che riconosce nell’altro, anche se è straniero, un essere umano, indipendentemente dal suo credo. C’è il fiuto dell’umanità per cui ti spinge ad aprire il cuore per quanto è possibile a chi si trova in difficoltà, non dimenticando che noi siamo figli di immigrati».
Non è solo questione di carità, ma di testimonianza cristiana, ha aggiunto ancora il presule, nel ricordare la generosità della comunità di Reggio Calabria, «dove sono vescovo da tre anni, realtà che ha garantito una sepoltura dignitosa a tanti uomini e tante donne che sono stati portati già defunti sul molo». La diocesi, insieme alla città metropolitana – ha ricordato ancora Morrone intervenendo a Radio Vaticana – ha garantito loro una sepoltura dignitosa nel piccolo cimitero di Armo. «È un segno di generosità e accoglienza calabrese. Non stiamo facendo nulla di eccezionale, ma cerchiamo di testimoniare il Vangelo, mostrando che Dio è Padre di tutti e si prende cura di tutti, ma non senza di noi. Come ci ripete spesso papa Francesco, non dobbiamo voltarci dall’altra parte».
Nel rispondere, infine, alla domanda: «Che appello si sentirebbe di fare all’Europa?», l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova e presidente della Cec ha richiamato le parole di papa Francesco in “Fratelli tutti”, esortando a una visione politica di ampio respiro: «Non si tratta solo della Calabria, della Puglia o della Sicilia, ma di avere uno sguardo ampio e una governance globale sulle migrazioni. L’umanità è sempre in movimento, e non possiamo lavorare solo sull’emergenza mettendo delle pezze, perché si tratta di esseri umani, di persone che hanno una loro dignità».
È necessario, ha aggiunto ancora il vescovo, superare i particolarismi e nazionalismi che frammentano l’Europa: «È una comunità di nazioni, non di nazionalismi. Quando ognuno pensa a sé la società va a rotoli, crolla il palco di questa umanità», ancora la sua amara considerazione. Per cui, nel far propria la citazione del vescovo di Locri-Gerace, monsignor Oliva, «limitarsi a misure di contenimento, costose a livello economico e umano, non è – per Morrone – la soluzione. Bisogna anche riposizionare uno sguardo politico di ampio respiro, altrimenti non ne usciamo fuori».
Morrone ha quindi lodato gli sforzi delle amministrazioni locali, della Marina Militare e della Capitaneria di Porto, ma ha ribadito la necessità di un approccio sistemico e organizzato in tema di accoglienza: «Bisognerebbe organizzare qualcosa di molto più sistemico, tenendo presente che per noi questi fratelli che vengono sono anche una risorsa umana. Considerando certe nostre crisi demografiche, sono opportunità che non riusciamo a cogliere. Ogni momento di crisi è un’opportunità, è uno sguardo credente anche questo: uscire da certi ombelichi che soffocano la nostra umanità».