Un appello urgente di pace per i popoli in guerra. È emerso ieri, 4 ottobre, nell’ambito della terza Congregazione generale del Sinodo, alla quale hanno preso parte in 333. I partecipanti all’assise hanno condannato tutti i fondamentalismi, “dobbiamo tutti – cristiani, ebrei, musulmani – essere artigiani di pace”. Contestualmente, si è levata da più parti la necessità di denunciare le “cause principali di tutti i mali”, ovvero il commercio di armi, “nominare coloro che traggono vantaggio dalle guerre. A volte, oltre alla preghiera, è necessaria la denuncia”. È quanto hanno riferito oggi, 5 ottobre, il prefetto Paolo Ruffini, e Sheila Leocádia Pires, rispettivamente presidente e segretario della Commissione per l’Informazione del Sinodo.
Dal Libano, il diritto dei popoli oppressi di decidere la loro sorte
“Purtroppo il mondo tace oppure dà il semaforo verde a tutte queste violenze perché ci sono troppi interessi politici ed economici che non hanno niente a che fare con i valori cristiani”: è l’amara considerazione espressa da monsignor Mounir Khairallah, vescovo di Batrun dei Maroniti, al momento delle domande dei giornalisti nel briefing di oggi, 5 ottobre, in Sala Stampa vaticana per l’aggiornamento sui lavori della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.
Da un Libano lacerato, su cui la testimonianza del presule ha toccato in profondità tutti i partecipanti, la speranza tuttavia ancora resiste: che, anche grazie alla diplomazia vaticana, il Paese dei cedri continui ad essere messaggio di pace. Così nelle parole del vescovo che ricorda come la Risoluzione sul riconoscimento di due Stati e due popoli (Israele e Palestina) sia sempre stata rifiutata dai politici in Israele. “Non voglio dire che tutti gli israeliani sono per la violenza – ha osservato – solo che gli interessi vengono prima e anche l’Occidente non ci sostiene così come non sostiene i popoli oppressi. Che questi possano avere il diritto di decidere della loro sorte”, ha scandito. L’assise sulla sinodalità è una buona occasione per ribadire la centralità di chi maggiormente soffre violenza e povertà, è stato ribadito con la stampa: “La più grande decisione da prendere è che la Chiesa, attraverso il Sinodo, sia messaggera del vivere insieme, del rispetto per l’altro e della necessità di liberarci dalla paura dell’altro”. Così ha chiosato monsignor Khairallah: “Sarebbe un primo passo come grande raccomandazione per l’umanità”.
Da Haiti: “siamo disperati”, chi è responsabile di costruire la pace?
E a vivere uno stato di insicurezza ormai cronica è Haiti, da dove è giunta la testimonianza di monsignor Launay Saturné, arcivescovo di Cap-Haïtien. “Chi dovrebbe portare l’ordine e la pace finora non è stato all’altezza delle responsabilità”, ha detto senza mezzi termini, parlando di un rispetto della dignità della persona umana che “è ben lungi dall’essere una realtà, qui”. Ha ricordato l’ultimo recente “massacro” del 3 ottobre che ha causato settanta morti, tante case incendiate e molti sfollati. Sono le gang armate le artefici, lo avevano anche annunciato, ha detto il presule, ma non si è fatto nulla per prevenire. “Siamo nella disperazione”, è anche qui lo sconsolato appello. Nella capitale il 70 percento della popolazione è costretta a fuggire, ha denunciato ancora monsignor Saturné, sottolineando l’impatto negativo sulla vita dei giovani e la missione della Chiesa. Molte parrocchie sono state chiuse nel Paese, nondimeno la riflessione sulla sinodalità è stata portata avanti. Il vescovo ha spiegato che anche dal punto di vista economico, negli ultimi cinque anni non c’è stato nessun progresso, che il Paese è tagliato in due senza possibilità di comunicazione tra nord e sud e che non c’è stabilità sufficiente per preparare le elezioni.
In questo contesto, missione, comunione e partecipazione risultano valori quanto mai fondamentali da potenziare. Molti gruppi di religiosi cercano di trasmetterli alle nuove generazioni, racconta, perché un giorno possano costruire una società che ad essi faccia riferimento. La Conferenza episcopale haitiana ha intanto chiesto che i tempi della cosiddetta transizione non siano troppo lunghi e si è pure fatta portavoce presso le “forze multinazionali” della domanda di assunzione di questa responsabilità. I vescovi, che tanto ringraziano il Papa per l’attenzione con cui segue i fatti dello Stato dei Caraibi, hanno inoltre fatto appello all’intera popolazione, perché tutti devono dare il proprio contributo.
Le Filippine e la Chiesa missionaria nelle campagne
Monsignor Pablo Virgilio S. David, vescovo di Kalookan (Filippine), fa parte della Commissione per l’Informazione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Al briefing ha raccontato della consultazione continentale con i parroci che si è tenuta tra le due assemblee sinodali. In particolare, sul rapporto tra sinodalità e missione alla luce del fenomeno migratorio che interessa le Filippine: un fenomeno che è non solo internazionale ma, negli ultimi tempi, soprattutto locale, dalle province alle grandi città. Il presule ha indicato alcuni dati per sottolineare l’incremento dei flussi dalle campagne: da 1,5 milioni di persone a 4 milioni, in circa dieci anni, si sono spostati verso Manila. Con la conseguenza che alcuni residenti li hanno considerati una minaccia. “Quando è venuto il Papa nel 2015 ci ha detto di andare nelle periferie. E noi lo abbiamo fatto. Abbiamo creato 20 stazioni di missione nella mia diocesi”, precisa ancora il vescovo. Così le parrocchie si stanno trasformando in senso sempre più missionario.
Una caratteristica che in qualche modo dovrà implementare anche una società completamente diversa come, per esempio, quella canadese, di cui ha accennato ai giornalisti Catherine Clifford, una delle testimoni del processo sinodale (America del Nord). “Vediamo che il sud del mondo sta assumendo un ruolo sempre più centrale nelle nostre conversazioni”, ha ammesso. L’importante, ha aggiunto, è far capire – lei ha detto di farlo sempre con i suoi studenti – che nonostante le tante sfide dal punto di vista demografico e il processo di svuotamento delle chiese, “la Chiesa non sta sparendo”.
Poveri, giovani, donne, laici: non destinatari ma soggetti
Dobbiamo ascoltare il grido dei poveri, includerli come soggetto e non come semplici destinatari. È stata una delle sottolineature che più spesso sono affiorate nelle condivisioni di ieri. “La strada ci viene indicata dagli ultimi, bisogna ascoltare il grido della terra e dei popoli”. E ancora, numerosi gli interventi sul ruolo delle donne nella Chiesa: non deve più accadere, è stato detto, che le donne che vogliono servire la Chiesa e lo fanno con grande impegno, si trovino emarginate. Analogamente per le persone Lgbtq+. Una delle domande al centro di varie riflessioni ha riguardato i giovani: Cosa li attrae nella Chiesa oggi? “Il radicalismo evangelico”, è stato risposto da diversi partecipanti. L’acquisizione più diffusa è che “i giovani devono respirare” e che gli adulti devono respirare con loro; così probabilmente si darà un senso pieno e comprensibile della cosiddetta nuova evangelizzazione. Ecumenismo, sinodi diocesani, ruolo del Pontefice nelle assemblee post sinodali sono altri temi affrontati. In modo trasversale, è emerso che la sinodalità è un modo per lottare contro il clericalismo.
Il 18 ottobre i dieci gruppi di lavoro ascolteranno l’Assemblea
Al rosario domani pomeriggio a Santa Maria Maggiore la partecipazione è libera, ha precisato il prefetto Ruffini, che ha inoltre riferito che stamani in apertura dei lavori in Aula (oltre 340 i presenti), dopo la preghiera, il cardinale segretario generale Mario Grech ha fatto un annuncio sinodale rilevante riguardo all’esigenza — espressa dall’assemblea e dai circoli minori — di “entrare in dialogo con i 10 gruppi di lavoro istituiti dal Santo Padre”. In concreto, venerdì 18 ottobre i coordinatori e altri membri dei 10 gruppi ascolteranno i membri dell’assemblea che vogliono interloquire. Sarà possibile anche consegnare contributi scritti alla Segreteria.
Di Antonella Palermo – Fonte: Vatican News