Il Papa: «Per le donne ruoli di alta responsabilità in Vaticano, le cose stanno cambiando»

Il tema delle donne e del loro ruolo nella Chiesa, più volte emerso nel viaggio del 26-29 settembre in Lussemburgo e Belgio, è stato centrale pure nel colloquio di Papa Francesco con i 150 gesuiti incontrati a Bruxelles. Come in ogni viaggio apostolico, Francesco non ha fatto mancare nel programma l’appuntamento privato coi membri della Compagnia di Gesù, quel giorno incastonato tra la visita al campus dell’Université Catholique di Louvain e la tappa a sorpresa al Palazzetto del Brussels Expo con 6 mila giovani riuniti per una veglia.

L’incontro con i confratelli non solo belgi, ma anche di Lussemburgo e Paesi Bassi, è avvenuto nel Collège Saint-Michel. Un appuntamento riservato, intervallato da domande e risposte su temi inerenti alla missione della Compagnia di Gesù oggi o sull’attualità del mondo e della Chiesa – dalla secolarizzazione all’inculturazione, dal Sinodo alle migrazioni – e anche da un canto intonato alla chitarra in apertura dal superiore della Regione dei Paesi Bassi, padre Marc Desmet. È come sempre La Civiltà Cattolica a pubblicare oggi il testo integrale del dialogo, in un articolo a firma di padre Antonio Spadaro che ne rimarca la “spontaneità” e “immediatezza”.

“La Chiesa è donna”
“La Chiesa è donna” risponde Francesco alla domanda di un gesuita circa “la difficoltà di dare alla donna nella Chiesa un posto più giusto e adeguato”. “Vedo la donna nel cammino dei carismi, e non voglio limitare il discorso del ruolo della donna nella Chiesa al tema del ministero”, chiosa il Papa. In generale, afferma, “maschilismo e femminismo sono logiche di ‘mercato’”. Sottolinea di star cercando in questo tempo “sempre di più di far entrare le donne in Vaticano con ruoli di responsabilità sempre più alta. E le cose stanno cambiando: lo si vede e lo si sente”.

Le donne in Vaticano
Il Papa ricorda che la segretaria del Governatorato è donna (suor Raffaella Petrini), che il Dicastero per lo Sviluppo umano integrale “ha anch’esso come vice una donna” (suor Alessandra Smerilli), che nell’“équipe per la nomina dei vescovi” ci sono tre donne (la stessa Petrini, poi suor Yvonne Reungoat e Maria Lia Zervino, nominate nel 2022 membri del Dicastero per i Vescovi): “Da quando ci sono loro che selezionano i candidati, le cose vanno molto meglio: sono acute nei loro giudizi”. Anche nel Dicastero per la Vita consacrata “la vice è una donna” (suor Simona Brambilla, segretaria) e nel Consiglio per l’economia la vice coordinatrice è una donna, Charlotte Kreuter-Kirchhoof.

“Le donne, insomma, entrano in Vaticano con ruoli di alta responsabilità: proseguiremo su questa strada. Le cose funzionano meglio di prima”, assicura il Papa. Ricorda pure, a riguardo, un aneddoto con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen: “Parlavamo di un problema specifico e io le chiesi: ‘Ma lei come fa a gestire questo genere di problemi?’. Lei mi rispose: ‘Così come facciamo tutte noi madri’. La sua risposta mi ha fatto molto riflettere…”.

I migranti da integrare
Nel colloquio il Papa affronta poi la questione della migrazione, che va studiata per bene. Ancora una volta elenca i quattro verbi con cui declinare l’azione per i migranti: accogliere, accompagnare, promuovere, integrare. Se questo manca, diventa “un problema serio”. “Un migrante che non è integrato finisce male, ma finisce male anche la società nella quale si ritrova”, ammonisce il Pontefice, ricordando l’attentato del 2016 proprio in Belgio, nell’aeroporto di Zaventem, costato la vita a 16 persone, per mano di due terroristi affiliati all’Isis. “Quella tragedia è anche frutto di una mancata integrazione” e “la Chiesa deve prendere sul serio il lavoro con i migranti”.

L’Europa che invecchia
Unito a questo Papa Francesco ribadisce “una cosa che mi sta a cuore” e cioè che “l’Europa non ha più figli, sta invecchiando. Ha bisogno dei migranti perché si rinnovi la vita. È diventata ormai una questione di sopravvivenza”.

La comunità più importante del prete
Non solo pochi figli, ma anche poche vocazioni. Il tema viene sollecitato da un religioso: “Come vede il futuro delle comunità parrocchiali senza preti?”. “La comunità è più importante del prete. Il prete è un servitore della comunità”, ribatte il Pontefice. Cita l’esempio di religiose che assumono il ruolo di guida in alcune parti del mondo, come la Congregazione peruviana di suore che ha la “missione specifica” di “andare in quelle situazioni dove non c’è il prete. Loro fanno tutto: predicano, battezzano… Se alla fine viene inviato un prete, allora se ne vanno da un’altra parte”.

“Il gesuita non deve spaventarsi di nulla”
A proposito di missione il Papa, guardando al contesto del Belgio, invita i membri dell’ordine di Sant’Ignazio a non avere paura: “Il gesuita non deve spaventarsi di nulla. È un uomo in tensione tra due forme di coraggio: coraggio di cercare Dio nella preghiera e coraggio di andare alle frontiere”. Come “maestri” il Papa indica padre Matteo Ricci, padre Roberto De Nobili e altri grandi missionari che “hanno spaventato alcuni nella Chiesa per la loro azione coraggiosa” ma “hanno tracciato il limite dell’inculturazione”. Questo limite “lo si deve cercare nel discernimento. E si discerne pregando”. La preghiera del gesuita “si sviluppa nelle situazioni limite, difficili. Questa è la cosa bella della nostra spiritualità: rischiare”.

Nuove forme di paganesimo
Circa il “fenomeno complesso” della secolarizzazione, Francesco parla di “forme di paganesimo”: “Non c’è bisogno della statua di un dio pagano per parlare di paganesimo: l’ambiente stesso, l’aria che respiriamo è un dio pagano gassoso! E noi dobbiamo predicare a questa cultura con la testimonianza, il servizio e la fede. E da dentro lo dobbiamo fare con la preghiera”. Il servizio rende “fruttuoso” il dialogo, ma il dialogo è spesso ostacolato da “un forte clericalismo” nella Chiesa. “Dove c’è clericalismo non c’è il servizio. Per carità, non confondete mai evangelizzazione con proselitismo!”.

Apostolato intellettuale
Per il Papa è importante anche “l’apostolato intellettuale”, parte della vocazione dei gesuiti che “devono essere presenti nel mondo accademico, nella ricerca e anche nella comunicazione”. “Sia chiaro – raccomanda Jorge Mario Bergoglio – quando le Congregazioni Generali della Compagnia di Gesù dicono di inserirsi nel popolo e nella storia non significa ‘fare il carnevale’, ma inserirsi nei contesti anche più istituzionali con qualche ‘rigidità’, nel buon senso della parola. Non bisogna cercare sempre l’informalità”.

La sinodalità, una grazia
Una domanda riguarda poi la sinodalità, al centro del Sinodo in corso in Vaticano. “Non è facile la sinodalità, no, e a volte perché ci sono figure di autorità che non fanno emergere il dialogo. Un parroco può prendere da solo le decisioni, ma può prenderle con il suo consiglio. E così un vescovo e anche il Papa”. Francesco si dice fiducioso del fatto che con il Sinodo “le cose saranno chiarite proprio col metodo sinodale”: “È una grazia la sinodalità nella Chiesa! L’autorità si fa nella sinodalità”.

Cause di beatificazione
Infine, Papa Bergoglio conferma che “è aperta” la causa di padre Pedro Arrupe, il gesuita di origine spagnola preposito generale dal 1965 al 1983, proclamato Servo di Dio. “Il problema” è la revisione dei tanti scritti: l’analisi “richiede tempo”. Sulla causa di Henri De Lubac, un altro “grande gesuita” spesso citato, il Pontefice dice di non sapere “se la sua causa sia stata introdotta”. Mentre ai confratelli rivela quello che avrebbe annunciato poi pubblicamente nella Messa a Bruxelles e cioè l’avvio della causa del re Baldovino: “L’ho fatto io direttamente, perché mi sembra che qui non ci si muova in questo senso”.

di Salvatore Cernuzio – Fonte: Vatican News

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