Il Papa: «Il Sinodo, armonia tra le differenze e segno di pace in tempi di guerra»

Il Documento è un dono a tutto il Popolo di Dio, nella varietà delle sue espressioni.

Così Francesco interpreta “il frutto di anni, almeno tre, in cui ci siamo messi in ascolto del Popolo di Dio”, che segna la conclusione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo. Nel suo saluto a fine lavori il Papa cita i versi di Madeleine Delbrêl, “mistica delle periferie” e annuncia che non intende pubblicare un’esortazione apostolica in quanto, afferma, il Documento finale contiene “già indicazioni molto concrete”, per alcune delle quali “per giungere a scelte che coinvolgono la Chiesa tutta”, “c’è bisogno di tempo”.

Tutti, tutti, tutti! Nessuno fuori
Un dono, quello del Documento, che Francesco moltiplica per tre. Un regalo a lui, in quanto Vescovo di Roma – “convocando la Chiesa di Dio in Sinodo ero consapevole di aver bisogno di voi, vescovi e testimoni del cammino sinodale: grazie!” – nel suo compito di “praticare l’ascolto”. Un dovere che si aggiunge alla custodia e alla promozione dell’armonia diffusa dallo Spirito nella Chiesa e nelle “relazioni tra le Chiese, nonostante tutte le fatiche, le tensioni, le divisioni che segnano il suo cammino verso la piena manifestazione del Regno di Dio”. Un banchetto, così come ci invita a pensarlo il profeta Isaia, aperto a “tutti, nella speranza che non manchi nessuno”, dice il Papa.

Tutti, tutti, tutti! Nessuno fuori, tutti. E la parola chiave è questa: l’ “armonia”. Quello che fa lo Spirito, la prima manifestazione forte, il mattino di Pentecoste, è armonizzare tutte quelle differenze, tutte queste lingue, tutte queste cose. Armonia. È questo che il Concilio Vaticano II insegna quando dice che la Chiesa è “come sacramento”: essa è segno e strumento dell’attesa di Dio che ha già apparecchiato la mensa, e attende.

Quanto male nella Chiesa quando si erigono muri
I sussurri fatti di “parole d’amore” che la Grazia di Dio infonde attraverso “il suo Spirito” nel cuore di ciascuno vanno amplificati “senza erigere muri”, evitando comportamenti da “dispensatori della Grazia che si appropriano del tesoro legando le mani al Dio misericordioso”. Francesco ricorda l’atteggiamento richiesto all’inizio dell’Assemblea sinodale. Si chiedeva “perdono”, si provava “vergogna, riconoscendo che siamo tutti dei misericordiati” e aggiunge a braccio:

Quanto male fanno le donne e gli uomini di Chiesa quando erigono dei muri, quanto male! Tutti, tutti, tutti!

La rigidità è peccato
“Soprattutto, non essere rigido”, era una delle esortazioni della “mistica delle periferie”, Madeleine Delbrêl, la poetessa francese che il Papa cita “in alcuni suoi versi che sono una preghiera”. E, ancora a braccio, scandisce: “la rigidità è un peccato, è un peccato che tante volte entra nei chierici, nei consacrati, consacrate”.

Perché io penso che tu forse ne abbia abbastanza della gente che, sempre, parla di servirti col piglio da condottiero […] Facci vivere la nostra vita, non come un giuoco di scacchi dove tutto è calcolato, non come una partita dove tutto è difficile, non come un teorema che ci rompa il capo, ma come una festa senza fine dove il tuo incontro si rinnovella, come un ballo, come una danza, fra le braccia della tua grazia, nella musica che riempie l’universo di amore.

Indicazioni concrete ai popoli della Terra
Una poesia che suona da sottofondo al Documento finale e alle sue indicazioni, già “molto concrete” e “guida per la missione delle chiese, nei diversi continenti, nei diversi contesti”, al punto che il Papa annuncia che non intende pubblicare una esortazione apostolica post Sinodo: “basta quello che abbiamo approvato”.

Voglio, così, riconoscere il valore del cammino sinodale compiuto, che tramite questo Documento consegno al popolo santo di Dio.

Concretizzare la “convivialità delle differenze”
Un testo che invita a “dare forma reale alla convivialità delle differenze”, chiamando a una testimonianza di pace “in questo tempo di guerre”, nota Francesco, aggiungendo come per alcuni aspetti trattati e discussi nel corso dell’Assemblea ci sia “bisogno di tempo” per “giungere a scelte che coinvolgono la Chiesa tutta”. Ciò non significa “rimandare all’infinito le decisioni”, ma corrispondere “allo stile sinodale” nel quale azioni come l’ascolto, il discernimento e il prendere delle decisioni si affiancano a momenti di pausa, silenzio e preghiera.

È uno stile che stiamo apprendendo insieme, un po’ alla volta. Lo Spirito Santo ci chiama e ci sostiene in un questo apprendimento, che dobbiamo comprendere come processo di conversione.

Il valore della testimonianza concreta
Francesco allarga la prospettiva dal “dono” a “tutto il popolo di Dio”. Se è “ovvio” come “non tutti” leggeranno il Documento, la dimensione di testimonianza viva del testo per renderlo “accessibile nelle Chiese locali” assume ancora più rilevanza. Senza di essa, nota il Papa, “l’esperienza compiuta perderebbe molto del suo valore”.

Camminare insieme è possibile
In ultimo, i valori estrapolati dall’Assemblea, non possono essere tenuti “per noi stessi”.

Ciò che abbiamo vissuto è un dono che non possiamo tenere per noi stessi. Lo slancio che viene da questa esperienza, di cui il Documento è un riflesso, ci dà il coraggio di testimoniare che è possibile camminare insieme nella diversità, senza condannarci l’un l’altro.

Dalle parole ai fatti
Infine, il Papa invita a leggere il trattato di San Basilio sullo Spirito Santo, che è l’armonia. Violenza, povertà, indifferenza, sono alcune delle piaghe che il Successore di Pietro individua e sottolinea. “Insieme”, aggiunge, “con la speranza che non delude” ed “uniti nell’amore di Dio diffuso nei nostri cuori” sarà possibile “non solo sognare la pace ma impegnarci con tutte le nostre forze perché, magari senza parlare tanto di sinodalità”, essa “si realizzi attraverso processi di ascolto, dialogo e riconciliazione”.

La Chiesa sinodale per la missione, ora, ha bisogno che le parole condivise siano accompagnate dai fatti.

di Edoardo Giribaldi – Fonte: Vatican News

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