«Una Chiesa più partecipativa e missionaria: sono i due attributi che racchiudono tutta la sfida del lavoro di questi anni, rappresentando in un certo senso il banco di prova del cambio di passo che la sinodalità chiede alle nostre Chiese». Aprendo, nel pomeriggio di oggi, 15 novembre, nella basilica romana di San Paolo fuori le Mura, la prima Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, il cardinale presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Maria Zuppi, citando Evangelii gaudium, ha ribadito come la profezia di tale cammino indichi un futuro fatto di condivisione, apertura, accoglienza. In una congiuntura feconda «di grazia e di rinnovamento» con l’Anno santo del 2025, si celebra «un incontro tra il messaggio e il cammino giubilare con le attese nostre e del nostro popolo, dono a un mondo che cerca luce perché avvolto dalle tenebre, una grazia alla nostra Italia assetata di speranza». Zuppi ha parlato di «un’occasione storica», di «una nuova passione» per il mondo che deve percorrere le vene delle comunità: «È un tempo favorevole per la Chiesa, per la comunicazione del Vangelo, per l’accoglienza dei soli e di chi non sa dove andare. Folle intere aspettano consolazione e speranza, anche se non faranno parte dei discepoli. Tutti sono affidati alle nostre cure».
Sono presenti 943 tra cardinali, vescovi, padri abati, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, laici e laiche. In totale 641 uomini e 302 donne. Alla sessione inaugurale partecipano sette rappresentanti di Chiese cristiane in Italia e la preghiera iniziale ha avuto una connotazione ecumenica. Dopo il confronto, sabato, nei tavoli sinodali, l’Assemblea concluderà i suoi lavori domenica 17.
Un clima di violenza che ha contagiato l’Italia
Il presidente della Cei ha ricordato la drammaticità dei tempi che stiamo vivendo: «Ingiustizie insopportabili, a iniziare dalla guerra, alle quali non vogliamo abituarci». E poi cambiamenti degli scenari politici, forze occulte e i poteri di interessi economici che «stanno rimescolando, in maniera non facilmente prevedibile, gli assetti del mondo». Un clima che si riflette sulla società italiana: «La spietata avanzata del numero dei femminicidi, la crescita della violenza tra i giovani, l’inasprirsi del linguaggio sempre più segnato dall’odio, i casi di antisemitismo, che non possiamo tollerare, sono come semi che da sempre il male getta nei cuori e nelle relazioni delle persone». Zuppi si rivolge a coloro che hanno incarichi pubblici esortandoli alla responsabilità, alla collaborazione «indispensabile per affrontare i problemi» tenendo ben in vista il bene comune. Quindi uno sguardo preoccupato alla denatalità, che «ha raggiunto livelli preoccupanti», ma anche all’emorragia di giovani in particolare dalle aree interne. Il futuro «dipende dalle politiche in favore della natalità, ma anche da politiche della casa, del lavoro, per la famiglia, gli anziani, di integrazione dei migranti: tutti questi aspetti insieme saranno in grado di generare un’alba nuova all’orizzonte […]. Nessuno può pensare di salvarsi da solo. Solo attraverso la tessitura di reti comunitarie nei territori siamo segno di speranza».
La missione riguarda tutti
Nella relazione principale dell’assemblea, monsignor Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, tra passato e futuro ha riepilogato le risposte ottenute dai fedeli e le mete ancora da raggiungere sintetizzandole con una parola: missione. Ma una missione che non riguarda solo le genti, «con un inevitabile iato tra battezzati e non battezzati», ma tutti «e diventa non una delle attività della Chiesa ma la sua stessa ragion d’essere, connotandone lo stile e l’opera». In una società italiana dove «non esiste più un sistema di valori condiviso», dove «la tradizione cristiana non rappresenta più una piattaforma comune nella vita della gente», dove «la pratica della fede è abbondantemente disertata dai battezzati» e crescono le persone che si professano non credenti o appartengono ad altre religioni, la reazione (fornita dalla grande maggioranza di coloro che hanno preso parte all’esperienza sinodale) non è stata di chiusura né di sconforto, ma costruttiva, fiduciosa, aperta, accogliente. «Si moltiplicano nelle sintesi diocesane», ha osservato Castellucci, «gli inviti a scrutare i segni dei tempi, a ricercare i semi del Regno o le tracce del Vangelo, a rilevare i frutti dello Spirito», a esaminare tutto e a tenere «ciò che è buono». La meta — da raggiungere tramite una triplice conversione (comunitaria, personale, strutturale) — è quella indicata più volte da Papa Francesco riprendendo la dottrina del Concilio Vaticano II: una «comunità di discepoli missionari», tutti attori e tutti destinatari, «perché tutti portatori di annuncio e tutti bisognosi di conversione». Una meta che per certi versi è già una bella realtà. Il relatore ha ricordato i tanti “santi della porta accanto” che «senza clamore, e magari nel chiuso di un appartamento urbano o nell’isolamento di una casa di campagna o di montagna, portano avanti nel quotidiano la loro testimonianza umana e cristiana», attraverso la visita a un malato, il dialogo con un adolescente, l’accoglienza di un povero. La comunità cristiana «si nutre di gesti quotidiani e spesso nascosti che hanno a che vedere più con le relazioni che con l’organizzazione, più con l’ascolto e l’accoglienza che con gli eventi di massa».
Concetti affrontati, nel suo intervento, da Erica Tossani, della presidenza del Comitato nazionale del Cammino sinodale, la quale ha sottolineato il grande cambiamento rappresentato dal punto di partenza: l’ascolto di tutti, il coinvolgimento di tutti. Perché «una Chiesa che vuol essere missionaria, cioè “nel mondo e per il mondo”, non può non partire dalle domande, dalle sofferenze, dalle gioie e dai desideri degli uomini e delle donne di questo tempo. È dalla vita reale che siamo partiti per capire, alla luce del Vangelo, dove andare; ed è alla vita reale che questo processo deve e vuole tornare».
Un po’ di storia del cammino sinodale
Il cammino sinodale trae impulso dal discorso pronunciato da Papa Francesco il 10 novembre 2015 al Convegno ecclesiale di Firenze: quel giorno indicò alla Chiesa italiana la sinodalità come metodo comunitario per recepire l’esortazione apostolica Evangelii gaudium, invitando ad avviarne un approfondimento, appunto, «in modo sinodale». Il Pontefice chiese poi in diverse occasioni, nei primi mesi del 2021, di convocare un Sinodo nazionale, partito il 10 ottobre con il biennio di ascolto della “fase narrativa” (2021-2023): prima nei 50.000 Gruppi sinodali (sostenuti dai facilitatori), con il metodo della “conversazione nello Spirito”, quindi nelle migliaia di iniziative con il metodo dei “Cantieri di Betania”. Esperienze, proposte, idee raccolte nelle sintesi diocesane dell’aprile 2022 e dell’aprile 2023. Si è dunque passati alla “fase sapienziale” (2023-2024) per approfondire tali testimonianze, meditarle, leggerle, renderle un nuovo stile di una Chiesa diversa. Cinque i temi — missione, comunicazione, formazione, corresponsabilità e strutture — consegnati al discernimento delle Chiese in Italia nell’anno pastorale 2023-2024. Questa prima Assemblea sinodale delle Chiese in Italia (ce ne sarà una seconda dal 31 marzo al 4 aprile 2025) apre dunque ufficialmente la terza e ultima fase, quella “profetica”: i Lineamenti, elaborati sulla base dell’ascolto e del discernimento portati avanti negli ultimi tre anni, offrono già una serie di indicazioni concrete da cui deve partire il confronto che condurrà allo Strumento di lavoro e infine alle proposizioni da trasmettere all’Assemblea generale dei vescovi che le trasformerà in un testo definitivo da consegnare entro l’estate 2025 alle Chiese in Italia per la ricezione.