Questione di dignità, prima ancora che di coperte e vestiti puliti. Nella tendopoli, anzi, “baraccopoli” di San Ferdinando, comune calabrese di circa 175 mila abitanti dove sorge il ghetto in cui centinaia di immigrati africani vivono in povertà e degrado, in attesa del permesso di soggiorno, impiegati nei campi e spesso pure in nero, arriva la carità del Papa. Dopo Roma, Genova, Torino, Napoli e Catania, in quest’area industriale in provincia di Reggio Calabria apre oggi, 27 novembre, la settima “Lavanderia di Papa Francesco” con annesso servizio docce.
Una iniziativa – ideata e promossa da Procter & Gamble Italia, con la collaborazione di Haier Europe e sostenuta dall’Elemosineria Apostolica e dalla Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi – dedicata a migranti, indigenti, senza fissa dimora per consentirgli di lavare i propri indumenti o coperte e provvedere all’igiene personale. Tutto, ca va sans dire, totalmente gratis.
“I motorini hanno una targa, noi esseri umani niente”
“È un modo per restituire dignità a gente che non muore di fame, ma muore perché si sente invisibile”, spiega ai media vaticani il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski. Sono immigrati di Senegal, Niger, Mali, Burkina Faso, Costa d’Avorio e altre zone del Continente nero che vivono a San Ferdinando anche da quindici anni, ma non hanno neppure la carta d’identità. “Quando sono andato ho domandato: di cosa avete bisogno? Sa, cosa mi hanno risposto? ‘Vogliamo essere visibili!’”, racconta Krajewski. “Un ragazzo mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: abitiamo qui da tanti anni, abbiamo bisogno di documenti. I motorini hanno una targa, noi esseri umani niente”.
Aiuto per i documenti
Oltre alle cinque docce e alla lavanderia con quattro lavatrici e quattro asciugatrici, sistemate in due container da Procter & Gamble, sarà infatti predisposto un ulteriore servizio per questi “invisibili” di San Ferdinando: “Un Help Desk Presidio per coloro che sono nel bisogno a livello documentale”, spiega il diacono Michele Vomera, direttore della Caritas diocesana. “Parliamo di centinaia di lavoratori migranti che nel periodo invernale arrivano anche a mille, in quello estivo a 200 o poco più. Ci sono almeno 18 nazionalità diverse in questa tendopoli, nata come risposta d’emergenza e ora diventata un insediamento abbandonato dalle istituzioni. Sono persone – aggiunge il diacono – che non hanno il medico di base, non hanno codice fiscale, non ha quelle che a noi sembrano banalità ma che per loro sono ostacoli insormontabili perché si scontrano con la burocrazia italiana…”. Lo sportello per i documenti sarà mobile, adibito anch’esso in un container dei Vigili del Fuoco, riferisce Vomera. E annuncia pure un’altra novità: “Stiamo per siglare un accordo per avere un’altra stanza dove le suore della Carità potranno avviare una piccola scuola di italiano”.
Servizio docce e lavanderia
Insomma una serie di iniziative (in animo c’è anche quello di un servizio barbiere) ed eventi “incastrati l’uno all’altro” che vogliono essere un segno di carità verso uomini (si parla di un gap che va dai 18 ai 60 anni, ma la maggioranza appartiene alla fascia 40-45 anni) privi dei servizi più basilari. Uno di quei gesti di speranza e misericordia che il Papa ha chiesto alle diocesi del mondo per il prossimo Giubileo. “‘Quale segno possiamo realizzare?’ chiedeva il vescovo Giuseppe Alberti. Molte associazioni – racconta Michele Vomera – già portano da mangiare, il cibo è un problema marginale… Si poneva il problema dell’igiene. E allora con il cardinale Krajewski, il vescovo e con una bella sinergia tra le varie associazioni, abbiamo pensato a questo progetto”.
La lavanderia sarà gestita dai volontari della Caritas diocesana di Oppido Mamertina-Palmi: è dotata di lavatrici e asciugatrici donate da Haier Europe e sarà costantemente rifornita di detergenti per il bucato come Dash e Lenor offerti da Procter & Gamble, oltre a prodotti per la pulizia dei locali o per l’igiene personale come shampoo Head&Shoulders e Pantene e rasoi e schiume da barba Gillette.
Una comunità solidale
“Per la nostra comunità è un bel segno” commenta ancora il direttore della Caritas, che ci tiene a descrivere un contesto di solidarietà viva, dove “gli immigrati sono più degli italiani”, l’integrazione è “serena” e i rapporti reciproci “bellissimi”. Oltre ai lavoratori stranieri nel Paese si sono inserite anche alcune famiglie afghane, sistemate in case abbandonate con affitti calmierati. “Gli abitanti cucinano e portano a loro il cibo e loro ricambiano con piatti tradizionali. Vivono sereni, hanno creato una piccola economia, gestiscono due supermercati. Si può dire che il paese va avanti grazie a questa gente”.
E in mezzo a tutto questo ora a San Ferdinando arriva la carità del Papa a ricordare che “la dignità non è vivere in una tenda, ma avere una casa, vestiti puliti, poter scambiare una parola col vicino”. Insomma, essere, “visibili”.