Il messaggio della CEI per il Primo maggio: «Serve una nuova alleanza sociale»

“Il mercato siamo noi: sia quando siamo imprenditori e lavoratori, sia quando promuoviamo e viviamo un consumo critico”. È un appello alla responsabilità quello lanciato dalla CEI nel messaggio per il 1 maggio nel quale si denuncia come sia ancora presente “il lavoro povero”, le discriminazioni verso le donne, lo sfruttamento degli immigrati, gli incidenti sul lavoro e il mismatch, ossia il disallineamento tra domanda e offerta che colpisce i giovani.

Il lavoro è speranza
I vescovi sottolineano che la “mano invisibile” del mercato “non è sufficiente a risolvere i gravi problemi oggi sul tappeto”. “È la nostra mano visibile che deve completare l’opera di concreazione di una società equa e solidale e continuare a seminare speranza”. La CEI ricordando la Bolla di Papa Francesco per l’indizione del Giubileo, Spes non confundit, rammenta che “la tutela, la difesa e l’impegno per la creazione di un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, costituisce uno dei segni tangibili di speranza”.

Nuovi modi di lavorare
L’esperienza della pandemia, scrive la CEI, ci ha consegnato un modo di lavorare nel quale è possibile coniugare in molte circostanze lavoro in presenza e a distanza, aumentando la nostra capacità di conciliare vita di lavoro e vita di relazioni, soprattutto nel cosiddetto smart-working, ma rischiando anche di impoverire i rapporti umani tra i lavoratori e le stesse relazioni familiari.

La crisi demografica
Per i vescovi, un effetto strutturale e fondamentale lo sta esercitando la grave crisi demografica, per la quale vedremo nei prossimi anni uscire dal mercato del lavoro la generazione più consistente, sostituita progressivamente da un numero sempre più ridotto di giovani. Allo stesso tempo, accade qualcosa di paradossale, ossia lo sfruttamento di fratelli immigrati, “dimenticando che la loro presenza può costituire un motivo di speranza per la nostra economia, ma solo se verranno integrati secondo parametri di giustizia”.

La competizione globale
Resta sullo sfondo, la dura “legge di gravità” della competizione globale per la quale le imprese cercano di localizzarsi laddove i costi sono più bassi. “E questo alimenta una spirale al ribasso su costo e dignità del lavoro”, sottolinea la Conferenza episcopale italiana.

Il lavoro povero
Se il dato statistico sulla disoccupazione, in forte calo, potrebbe spingere all’ottimismo, “sappiamo invece che dietro persone formalmente occupate c’è un lavoro povero”. Occorre considerare la situazione delle donne, “che in alcuni ambiti vengono penalizzate non solo con una minore retribuzione, ma anche con l’assenza di garanzie nei tempi della gravidanza e della maternità.

La sicurezza sul lavoro
Non ci sarà piena giustizia, infine, senza sicurezza sul lavoro, la cui mancanza fa ancora tante vittime”. “Per dare speranza occorre invertire queste tendenze: sarà uno dei segni più rilevanti del Giubileo”, anche impiegando le risorse a disposizione “in forme di welfare e di assicurazione attenti alle emergenze sanitarie e familiari”. Altro segno di speranza, “la creazione di relazioni virtuose tra datori di lavoro e lavoratori, dove il dialogo, la riconoscenza, i meccanismi di partecipazione, alimentano fiducia e cooperazione mettendo in moto le motivazioni più profonde della persona e facendo crescere la forza dell’impresa e la qualità del lavoro”.

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