Papa in Portogallo: la preghiera per la pace a Fatima

Papa a Fatima

“Ti consacriamo la Chiesa e il mondo, specialmente i Paesi in guerra”. È la preghiera di Papa Francesco, diffusa con un tweet attraverso l’account @Pontifex subito dopo il Rosario recitato a Fatima, nella Cappellina delle Apparizioni, con i giovani ammalati e carcerati. Parole, queste, che fanno eco a quelle pronunciate il 25 marzo 2022, nell’Atto di Consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria, poco dopo lo scoppio della guerra ancora in corso. E proprio a Fatima, dove era stato la prima volta nel 2017 per il centenario delle Apparizioni, il Papa ha voluto tornare da pellegrino, nella quarta giornata del suo viaggio in Portogallo. Ad attenderlo sulla grande spianata antistante il santuario 200 mila persone. Il primo gesto è stata la sosta di preghiera davanti alla statua della Madonna, nella Cappellina a lei dedicata : un “lungo momento di silenzio” durante il quale Papa Francesco “ha pregato, con dolore, per la pace”,

ha riferito ai giornalisti il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. La Chiesa “è madre: porte aperte per tutti, per facilitare l’incontro con Dio; e posto per tutti, perché ognuno è importante agli occhi del Signore e della Madonna”. È l’immagine scelta per il discorso dopo la recita del Rosario con i giovani ammalati e carcerati. “La cappellina in cui ci troviamo è una bella immagine della Chiesa”, ha detto Francesco: “accogliente e senza porte”.

“La Chiesa non ha porte, così tutti possono entrare. E qui anche possiamo insistere perché tutti possono entrare perché è la casa della Madre e tutti, tutti, tutti possono entrare senza esclusione”. Poi, come ha fatto più volte in questa trasferta portoghese, Francesco ha abbandonato il testo scritto e ha proseguito a braccio, coniando per la Vergine un nuovo titolo: “Nostra Signora affrettata”, che “si affretta per venire ad aiutarci, si affretta perché è madre. E così accompagna la vita di Gesù e non si nasconde dopo la Risurrezione. Accompagna i discepoli, insieme allo Spirito Santo accompagna la Chiesa che crescerà dopo la Pentecoste. ‘Nostra Signora affrettata’ che accompagna, non è mai protagonista: prima accoglie, e poi indica Gesù”. “Maria nella sua vita non ha fatto altro che indicare Gesù”, ha sintetizzato il Papa: “Fate quello che lui vi dirà, seguite Gesù”. Poi Francesco ha mimato i due gesti di Maria, che “accoglie tutti e indica Gesù, e questo lo fa un pò affrettata. Ogni volta che veniamo qui ricordiamoci questo”. Maria, per il Papa, “vuole che l’incredulità di tanti cuori si rivolga a Gesù. Ci invita a camminare nella vita camminando con lui. Questa è Maria: Nostra Signora affrettata per essere vicina a noi”.

Maria, missionaria della gioia: è sempre lei la protagonista della meditazione, anch’essa interamente a braccio, offerta al milione e mezzo di giovani che fin dalle prime ore del pomeriggio hanno affollato il Parque Tejo per la Veglia, momento culminante di ogni Gmg insieme alla Messa del giorno dopo.

“La gioia è missionaria, non è per noi stessi, è per portare agli altri”, esordisce Francesco abbandonato il testo scritto per dialogando a tratti con i presenti. “Io vi chiedo: voi che siete venuti a cercare qui un senso della vita, questo lo terrete per voi o lo porterete agli altri? La gioia è missionaria, quindi io devo portare questa gioia agli altri”.

“Tutti, se ci guardiamo indietro, vediamo persone che sono state raggi di luce: genitori e nonni, preti e suore, catechisti, animatori, insegnanti”, sottolinea il Papa: “Ognuno pensi alle persone che sono state le radici della nostra gioia. Noi abbiamo radici di gioia: e anche noi possiamo essere per gli altri radici di gioia: non una gioia del momento, ma una gioia che crea radici”. “Come possiamo diventare radici di gioia?”, ha chiesto il Papa: “La gioia non è in una biblioteca chiusa, anche se bisogna studiare. La gioia occorre cercarla, scoprirla nel nostro dialogo con gli altri: dobbiamo andare alle radici della gioia che abbiamo ricevuto. E questo qualche volta stanca”. “Vi siete stancati qualche volta?”, l’altra domanda ai giovani: “Pensa a cosa succede quando sei stanco, non hai voglia di fare niente. Uno si lascia andare, smette di camminare e cade.

Voi credete che una persona che cade nella vita, che ha fatto qualcosa di grave, è un fallimento, che è finita quella persona? No!

Che cosa deve fare? Alzarsi. Gli alpini, a cui piace salire sulle montagne, hanno un canto molto bello che dice: ‘nell’arte di salire quello che importa non è non cadere, ma non rimanere per terra’. Chi rimane per terra è un pensionato della vita, ha chiuso con tutto. Quando vediamo qualcuno che è caduto, cosa dobbiamo fare? Aiutarlo a rialzarsi. L’unico momento in cui è permesso guardare una persona dall’alto verso il basso è per aiutarla ad alzarsi. Quante volte vediamo persone che ci guardano dall’alto in basso: è triste”. Poi una metafora calcistica: “Dietro un gol c’è moltissimo allenamento, dietro un successo c’è moltissimo allenamento. Alzarmi, non rimanere per terra e allenarmi a camminare. E tutto questo si impara dai genitori, dai nonni, dagli amici: portiamoci l’un l’altro per mano. Camminare, e se si cade rialzarsi; camminare con una méta; allenarsi tutti i giorni nella vita.

Nella vita niente è gratis, tutto si impara.

C’è solo una cosa gratis: è l’amore di Gesù. Con questo ‘gratis’ che abbiamo e con l’amore di Gesù, camminiamo nella speranza. Guardiamo le nostre radici e andiamo avanti. Non abbiate paura!”. Poi sul parco che si affaccia sul fiume Tago, un milione e mezzo di giovani sono rimasti in un silenzio orante, gli occhi diretti al crocifisso illuminato sul palco e all’anziano papa che ridiventa giovane con loro. Poi il suono melodioso e struggente del fado. Adesso la notte può cominciare a scendere. Verrà il mattino.

 

Michela Nicolais – Agensir

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