Il cuore è ancora a Lisbona (“Come è stato bello il nostro incontro… un’esplosione di luce e di gioia”), ma lo sguardo è già a Seoul, in Corea del Sud, dove si celebrerà nel 2027 la Gmg, e ancora prima a Roma per il Giubileo dei Giovani. Il Papa parla a ragazzi e ragazze di tutto il mondo, esortandoli ad essere, in questo tempo di preparazione all’evento,“Lieti nella speranza”. Un invito che è anche il tema scelto per la 38.ma Giornata Mondiale della Gioventù che sarà celebrata nelle Chiese particolari il prossimo 26 novembre, mutuato da una esortazione di San Paolo alla comunità di Roma che viveva un periodo di forti persecuzioni.
Un tempo in cui la speranza sembra assente
La scelta non è casuale in “un tempo in cui per molti, anche giovani, la speranza sembra essere la grande assente”, scrive il Papa nel suo Messaggio per la Gmg, firmato a San Giovanni in Laterano il 9 novembre, Festa della Dedicazione della Basilica Lateranense.
Purtroppo tanti vostri coetanei, che vivono esperienze di guerra, violenza, bullismo e varie forme di disagio, sono afflitti dalla disperazione, dalla paura e dalla depressione. Si sentono come rinchiusi in una prigione buia, incapaci di vedere i raggi del sole. Lo dimostra drammaticamente l’alto tasso di suicidi tra i giovani in diversi Paesi.
La gioia che deriva dall’incontro con Cristo
In un contesto simile, come sperimentare sentimenti di gioia e di speranza? Come evitare di far prendere il sopravvento alla disperazione, al “pensiero che sia inutile fare il bene, perché non sarebbe apprezzato e riconosciuto da nessuno”? Papa Francesco indica la strada: la “gioia nella speranza”, scrive, “scaturisce dal mistero pasquale di Cristo, dalla forza della sua risurrezione”.
Non è il frutto dell’impegno umano, dell’ingegno o dell’arte. È la gioia che deriva dall’incontro con Cristo. La gioia cristiana viene da Dio stesso, dal sapersi amati da Lui.
Le parole di Benedetto XVI
Nel Messaggio Francesco cita il poeta da lui molto amato, Charles Peguy, e Benedetto XVI, del quale richiama le riflessioni dopo la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid del 2011. Ratzinger si domandava: “La gioia, da dove viene? Come la si spiega? Sicuramente sono molti i fattori che agiscono insieme. Ma quello decisivo è la certezza proveniente dalla fede: io sono voluto. Ho un compito nella storia. Sono accettato, sono amato”. “È bene – affermava ancora il Pontefice – esistere come persona umana, anche in tempi difficili. La fede rende lieti a partire dal di dentro”.
Il Papa rilancia queste affermazioni del predecessore: “Siete la gioiosa speranza di una Chiesa e di un’umanità sempre in cammino”, scrive. “Vorrei prendervi per mano e percorrere insieme a voi la via della speranza. Vorrei parlare con voi delle nostre gioie e speranze, ma anche delle tristezze e angosce dei nostri cuori e dell’umanità che soffre”.
Oggi tanta sofferenza
E la sofferenza oggi è tantissima, soprattutto la “sofferenza degli innocenti”. Davanti ad essa, domandiamo al Signore: “Perché?”, ammette il Papa. “Ebbene, noi possiamo essere parte della risposta di Dio. Noi, creati da Lui a sua immagine e somiglianza, possiamo essere espressione del suo amore che fa nascere la gioia e la speranza anche dove sembra impossibile”. A tal proposito, Francesco cita il personaggio di Guido Orefice interpretato da Roberto Benigni nel film premio Oscar La Vita è bella:
Un giovane padre che, con delicatezza e fantasia, riesce a trasformare la dura realtà in una specie di avventura e di gioco e così regala al figlio ‘occhi di speranza’, proteggendolo dagli orrori del campo di concentramento, salvaguardando la sua innocenza e impedendo che la malvagità umana gli rubi il futuro.
Non è una storia inventata; tanti santi con la loro vita sono stati “testimoni di speranza pur in mezzo alle più crudeli cattiverie umane”: Massimiliano Kolbe, Giuseppina Bakhita, o i coniugi polacchi Józef e Wiktoria Ulma con i loro sette figli recentemente beatificati in Polonia.
I versi di Péguy
Ecco allora che il Vescovo di Roma si rifà ai versi di Charles Péguy che ne Il portico del mistero della seconda virtù parla delle tre virtù teologali – fede, speranza e carità – come di tre sorelle che camminano insieme: “La piccola speranza avanza fra le sue due sorelle grandi e non si nota neanche. È lei, quella piccina, che trascina tutto…”, scrive all’inizio del suo poema. Anche il Papa si dice “convinto di questo carattere umile, ‘minore’, eppure fondamentale della speranza” che, afferma, “è il sale della quotidianità”.
La speranza cristiana, non un placebo per creduloni
Ancor di più lo è la speranza cristiana, che è frutto della Pasqua: “La speranza cristiana non è facile ottimismo e non è un placebo per i creduloni: è la certezza, radicata nell’amore e nella fede, che Dio non ci lascia mai soli e mantiene la sua promessa”, rimarca Papa Francesco. “La speranza cristiana non è negazione del dolore e della morte, è celebrazione dell’amore di Cristo Risorto che è sempre con noi, anche quando ci sembra lontano”.
Preghiera e scelte di vita concrete
È una “scintilla” che, però, a volte rischia di essere “soffocata” da preoccupazioni, paure e incombenze giornaliere. Serve “aria” per farla continuare a brillare. Come? Anzitutto con la preghiera: “Pregare è come salire in alta quota: quando siamo a terra, spesso non riusciamo a vedere il sole perché il cielo è coperto di nuvole. Ma se saliamo al di sopra delle nubi, la luce e il calore del sole ci avvolgono; e in questa esperienza ritroviamo la certezza che il sole è sempre presente, anche quando tutto appare grigio”, afferma Papa Bergoglio, citando la Spe Salvi.
Cari giovani, quando le fitte nebbie della paura, del dubbio e dell’oppressione vi circondano e non riuscite più a vedere il sole, imboccate il sentiero della preghiera. Perché se non mi ascolta più nessuno, Dio mi ascolta ancora
Ma la speranza è alimentata dalle nostre scelte quotidiane “concrete”. Perciò il Papa esorta a scegliere “uno stile di vita basato sulla speranza”. Ad esempio, “sui social media sembra più facile condividere cattive notizie che notizie di speranza”; provate, invece, scrive il Papa ai giovani, “a condividere ogni giorno una parola di speranza. Diventate seminatori di speranza nella vita dei vostri amici e di tutti quelli che vi circondano”.
Sguardi illuminati
Un altro esempio del Vescovo di Roma è quello della luce: “A volte la sera uscite con i vostri amici e, se c’è buio, prendete lo smartphone e accendete la torcia per fare luce. Nei grandi concerti, migliaia di voi muovono questi moderni lumini al ritmo della musica, creando una scena suggestiva. Di notte la luce ci fa vedere le cose in modo nuovo, e perfino nell’oscurità emerge una dimensione di bellezza. Così è per la luce della speranza che è Cristo. Da lui, dalla sua risurrezione, la nostra vita è illuminata. Con Lui vediamo tutto in una luce nuova”.
“Uno sguardo illuminato dalla speranza fa apparire le cose in una luce diversa”, assicura Francesco. Racconta a tal riguardo un aneddoto legato a Giovanni Paolo II: “Si dice che quando le persone si rivolgevano a San Giovanni Paolo II per parlargli di un problema, la sua prima domanda fosse: ‘Come appare alla luce della fede?’”. Bisogna dunque “assumere questo sguardo” nella vita quotidiana.
Le sfide e le difficoltà ci sono e ci saranno sempre, ma se siamo dotati di una speranza “piena di fede”, le affrontiamo sapendo che non hanno l’ultima parola e noi stessi diventiamo una piccola torcia di speranza per gli altri.
Non lasciarsi contagiare da individualismo e indifferenza
Da qui un’ultima raccomandazione: “State vicino in particolare a quei vostri amici che magari in apparenza sorridono, ma che dentro piangono, poveri di speranza. Non lasciatevi contagiare dall’indifferenza e dall’individualismo: rimanete aperti, come canali in cui la speranza di Gesù possa scorrere e diffondersi negli ambienti dove vivete”.