Entrando nella navata principale della Basilica di San Pietro, si rimane colpiti dall’immensa dimensione di questo spazio. Improvvisamente tutto sembra rimpicciolirsi, abbiamo un’altra percezione delle cose attorno a noi, come se ci trovassimo di fronte a una maestosa opera della natura. L’architettura, tuttavia, ha un suo ordine e lo sguardo è subito attratto da due punti salienti dello spazio interno: l’altare della Cattedra, in fondo alla basilica, e l’altare papale con il baldacchino sopra la tomba di San Pietro. Quest’ultimo, durante la Messa che conclude XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, domani 27 ottobre, alle 10, sarà inaugurato dopo nove mesi di restauro. Lo scorso 2 ottobre, nella Sagrestia Ottoboni della basilica vaticana, prima della Messa di apertura del Sinodo, Papa Francesco ha potuto osservare da vicino l’antica e venerata cattedra di assieme al cardinale Mauro Gambetti, arciprete della basilica, e ha disposto di esporla alla venerazione dei fedeli proprio a conclusione del Sinodo dei Vescovi.
Annunciare il Vangelo ed istruire il popolo di Dio
Altare della Cattedra e baldacchino si riferiscono al patrocinio della basilica e allo spettatore attento offrono una chiave di lettura. Non solo sono opera dello stesso artista, Gian Lorenzo Bernini, ma è il loro autore stesso a collegarli l’uno all’altro. Fin dall’ingresso nella basilica è evidente che il monumentale baldacchino bronzeo incornicia in visione prospettica anche l’altare della Cattedra di San Pietro, situata nell’abside. E non è un caso. Mentre l’altare papale sopra la tomba dell’Apostolo, su cui – come su una roccia – Cristo ha promesso di fondare la sua Chiesa, rimanda alle origini, alla Chiesa primitiva sorta dalla testimonianza dei martiri – ed è per questo che viene chiamato anche l’altare della confessione -, la Cattedra rimanda al primo compito dei successori di Pietro: annunciare il Vangelo e istruire il popolo di Dio. Dal 27 ottobre all’8 dicembre il trono ligneo simbolo del primato di Pietro sarà esposto ai piedi dell’Altare Maggiore per poi essere ricollocato nel monumentale “reliquiario” di bronzo dorato di Bernini. “La Basilica vuole celebrare l’antica reliquia come la Cattedra dell’Amore – spiega in un comunicato della Frabbrica di San Pietro il cardinale Gambetti -. Il buon Pastore, infatti, che dà la vita per le sue pecore, le conosce una ad una e le chiama per nome, chiede a Pietro: “Mi ami tu più di costoro?”. E solo in forza di questo amore, il primo e il più importante dei comandamenti, che Gesù lo investe del compito di pascere le sue pecore, rendendolo di fatto suo vicario in terra e primo degli apostoli. L’antica Cattedra di Pietro è la cattedra dell’amore – chiarisce il porporato – perché ci mostra come solo dall’amore scambievole possa nascere la vera comunità cristiana, certamente sinodale”. “Riportandoci al clima che si respirava nella prima comunità cristiana – aggiunge Gambetti – la Cattedra di Pietro ci parla di un ritrovarsi insieme, riuniti in assemblea, di una Chiesa raccolta intorno al suo pastore, dove ciascuno è chiamato personalmente a seguire Gesù, ma in un cammino che non è mai individualistico bensì sempre condiviso e illuminato dai fratelli e dalle sorelle”.
La collaborazione tra Bernini e Borromini
Il baldacchino, antico segno di autorità e di prestigio, fu progettato da Bernini nel 1624 e fu la sua prima commissione architettonica; fu completato – a quanto pare con l’aiuto delle competenze ingegneristiche del suo futuro rivale, il brillante architetto Francesco Borromini – nell’anno 1633. La difficoltà del compito affidatogli da Papa Urbano VIII, le cui figure araldiche – le api – si ritrovano in una pletora di varianti nella decorazione del baldacchino, consisteva soprattutto nel fatto che la sua architettura doveva corrispondere alla scala monumentale della chiesa. Per non far apparire la struttura eccessivamente ingombrante nelle sue dimensioni, Bernini optò per colonne tortili. Inoltre, la loro forma e la loro decorazione sono legate alla cosiddetta Colonna Santa – oggi conservata presso il Museo del Tesoro di S. Pietro -, una colonna vitinea ritenuta per secoli testimone della predicazione di Gesù nel tempio di Gerusalemme e che, insieme ad altre colonne simili, alcune delle quali vediamo tuttora nella Loggia delle Reliquie, sopra i balconcini nei pilastri, ornavano la pergula del IV secolo sopra la tomba di Pietro nell’antica basilica.
“La croce resta salda mentre il mondo gira”
L’ingegnosa composizione berniniana, tuttavia, combina l’idea del ciborio come solida struttura architettonica con il significato originario del baldacchino come drappeggio decorativo sopra un luogo o una figura importante, unendo i drappi bronzei direttamente alle colonne e usando una costruzione alleggerita delle nervature ricurve completate dal motivo iconografico dei rami di palma, che sembrano sostenute dalle dinamiche figure angeliche. Le linee ondulate dell’architettura barocca si fermano alla croce che sovrasta il globo dorato in cima al baldacchino come a dimostrare l’antico detto: “Stat Crux dum vulvitur urbis” , “La croce resta salda mentre il mondo gira”.
L’altare della cattedra
Il periodo barocco era in un certo senso molto simile a quello nostro. Con linguaggio moderno lo potremmo chiamare multimediale nella sua ricerca di sfruttare le varie tecniche artistiche per raggiungere tutti i sensi dell’uomo, per coinvolgere lo spettatore fino al punto di abbattere le barriere tra soggettivo e oggettivo, e farlo partecipe di una nuova realtà, elemento vivo di un “bel composto”, di una visione dell’universo animato dallo Spirito di Dio. Un esempio, o quasi un prototipo di questa realtà trasformata, che consapevole della divina presenza irrompe nel nostro spazio e unisce il cielo e la terra, è costituito dall’abside della Basilica di San Pietro.
Il trono della predicazione di Pietro
L’intera parete di fondo della Basilica di San Pietro è una vera e propria scenografia in cui Bernini dispiega davanti ai nostri occhi una visione stupefacente. Già all’epoca dei lavori del baldacchino sopra la tomba dell’apostolo Pietro i suoi contemporanei chiamavano l’architetto “Michelangelo del nostro secolo” e ora, su commissione di Alessandro VII, dimostra che quelle parole non erano solo delle lusinghe. Se nella concezione michelangiolesca dell’abside della nuova basilica vaticana la luce aveva un ruolo fondamentale come controparte paritaria della massa muraria modellata, Bernini sviluppa questo principio scultoreo alla perfezione, componendo una visione del cielo aperto, da cui emerge una colomba dello Spirito Santo inondata di luce, con gli angeli che si librano intorno ad essa tra le nubi. Da questa visione scende un enorme trono bronzeo, che però ne nasconde un altro, molto più piccolo, sul quale, secondo la tradizione, San Pietro avrebbe predicato. L’antico seggio, decorato da placchette di avorio con le Fatiche di Ercole, giunse a Roma nel IX come dono del re franco Carlo II il Calvo per Papa Giovanni VIII, ma alcuni elementi come le formelle sono probabilmente databili all’epoca antecedente. Costituito da un telaio esterno realizzato nel XIII secolo con travi di legno di castagno, di pino d’Aleppo e di frassino, ha quattro anelli metallici che servivano per il trasporto durante le solenni processioni in basilica. Protetto da questo rivestimento il più antico seggio ha la forma di un trono privo di braccioli con spalliera sormontata da un timpano al cui interno si vedono tre aperture ovali per l’inserimento di una decorazione oggi perduta. Alcuni elementi in rovere erano rivestiti da una lamina di rame e argento dorato ed erano decorati su ciascun lato da raffinatissimi fregi di avorio intagliato con motivi geometrici e vegetali, con figure simboliche e con scene figurate di ispirazione classica.
Il valore simbolico dell’antico seggio
Nella bolla di Benedetto IX del novembre 1037 si distingue la pratica della “intronizzazione” da quella della “incattedrazione”, attestando implicitamente l’uso della “Cattedra” da parte dei romani pontefici. Dopo l’anno mille, inoltre, si afferma la consuetudine di richiedere e ottenere “reliquie” (materiali o per contatto) dalla Cattedra, segno evidente che questo seggio papale dall’alto valore simbolico cominciava ad essere considerato, sulla base di una pia devozione, il seggio dove sedeva San Pietro quando predicava il Vangelo ad Antiochia e a Roma. La cattedra carolingia subì nel tempo numerosi spostamenti documentati da fonti storiche e archivistiche. Nel 1630 Urbano VIII ordinò di costruire un piccolo oratorio e un altare dedicato alla “Santa Cattedra”. Questa fu collocata nel 1636 sopra l’altare dell’ultima cappella della navata sinistra, che era stata da poco adibita a battistero.
Ricordare ai papi il loro compito
Qualcuno potrebbe pensare alla composizione del Bernini come a una specie di immenso reliquiario, ma forse non è questo il punto. Infatti, la scena monumentale, realizzata tra il 1657 e il 1666, ricorda il compito immutato dei successori di Pietro, quello di annunciare Cristo, interpretare e insegnare la Parola di Dio. Ecco perché sulla cattedra di Pietro aleggia il simbolo dello Spirito Santo, che introduce a tutta la Verità, lo Spirito che è Consolatore e Intercessore, ma suggerisce anche le parole giuste nei momenti di crisi.
Le decorazioni della cattedra
Ai lati del trono si trovano quattro figure di eminenti teologi: Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, Padri della Chiesa d’Occidente, e Sant’Atanasio e San Giovanni Crisostomo, Padri della Chiesa d’Oriente, i quali con un leggero cenno, quasi con la punta delle dita, sembrano sollevare il trono. La cattedra bronzea è a sua volta decorata con rilievi delle tre pericopi evangeliche, che illustrano il carattere del compito di Papa come rappresentante di Cristo sulla terra: Pasci le mie pecore, cioè l’affidamento del gregge umano a Pietro, La lavanda dei piedi, che mostra la natura del suo ministero, e infine La consegna delle chiavi del regno dei cieli. L’immenso trono, troppo grande per qualsiasi persona umana, dimostra che non spetta all’uomo decidere chi vi siederà.